5.6.16

Tra il 1988 e il 1998 il prof. Ugo Gastaldi ha  organizzato e tenuto numerosi Culti per la propria Comunità. Alcuni di questi furono fortunatamente registrati su cassetta. Siamo quindi in grado di poter presentare il testo di un Culto, tenuto nella propria Comunità il 16 dicembre del 1990, avente come tema "Il Perdono"...

< I L   P E R D O N O >


- Raccogliamoci in preghiera…
Leggiamo il Vangelo di Luca al capitolo 18 ai versetti 9-14
(Il pubblicano e il fariseo)
18-9 Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: 18:10 «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. 18:11 Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. 18:12 Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. 18:13 Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. 18:14 Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato».

- Raccogliamoci ancora in preghiera…
Padre celeste nel venire dinanzi a Te sappiamo con quale di questi due uomini dobbiamo identificarci. Non possiamo che sentirci peccatori dinanzi a Te e sappiamo bene che non possiamo confrontarci con nessun altro, né essere compresi di quello che noi siamo personalmente dinanzi a Te.
O Padre celeste ci sentiamo tanto più in crisi dinanzi a Te in quanto noi conosciamo qual'è la tua volontà, in quanto noi abbiamo conosciuto chi Tu sia mediante il tuo figliolo Gesù Cristo.
Ed allora o Padre celeste non possiamo che considerare quanto ancora siamo distanti da Te, come siamo figlioli ancora impenitenti molte volte malgrado tutti i nostri sforzi di vivere secondo questa dottrina che il Cristo ci ha dato e che è la via per arrivare a Te.
E così o Signore, è con estrema umiltà che ci accostiamo anche alla tua Parola, perché sappiamo che essa è anche a nostro giudizio, essa ci trova sempre in una situazione di lontananza da Te, sentiamo sempre, quando leggiamo queste testimonianze, che siamo fuorviati, fuori strada.
O Signore che possiamo ogni volta con cuore veramente, sinceramente pentito venire a Te e chiedere a Te, o Signore, di rinnovarci dal profondo del nostro essere in modo che possiamo stare dinanzi a Te, come tuoi figlioli che sono ritornati dopo un lungo errare alla casa paterna.
Chiediamo tutto questo nel nome di Gesù Cristo. Amen.

- Lodiamo Dio con il canto ...


LA MEDITAZIONE
di Ugo Gastaldi

Il testo su cui mediteremo questa mattina lo troviamo nel Vangelo di Matteo, 18:21-35
18:21 Allora Pietro si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte perdonerò mio fratello se pecca contro di me? Fino a sette volte?» 18:22 E Gesù a lui: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. 18:23 Perciò il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. 18:24 Avendo cominciato a fare i conti, gli fu presentato uno che era debitore di diecimila talenti. 18:25 E poiché quello non aveva i mezzi per pagare, il suo signore comandò che fosse venduto lui con la moglie e i figli e tutto quanto aveva, e che il debito fosse pagato. 18:26 Perciò il servo, gettatosi a terra, gli si prostrò davanti, dicendo: "Abbi pazienza con me e ti pagherò tutto". 8:27 Il signore di quel servo, mosso a compassione, lo lasciò andare e gli condonò il debito. 18:28 Ma quel servo, uscito, trovò uno dei suoi conservi che gli doveva cento denari; e, afferratolo, lo strangolava, dicendo: "Paga quello che devi!" 18:29 Perciò il conservo, gettatosi a terra, lo pregava dicendo: "Abbi pazienza con me, e ti pagherò". 18:30 Ma l'altro non volle; anzi andò e lo fece imprigionare, finché avesse pagato il debito. 18:31 I suoi conservi, veduto il fatto, ne furono molto rattristati e andarono a riferire al loro signore tutto l'accaduto. 18:32 Allora il suo signore lo chiamò a sé e gli disse: "Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito, perché tu me ne supplicasti; 18:33 non dovevi anche tu aver pietà del tuo conservo, come io ho avuto pietà di te?" 18:34 E il suo signore, adirato, lo diede in mano degli aguzzini fino a quando non avesse pagato tutto quello che gli doveva. 18:35 Così vi farà anche il Padre mio celeste, se ognuno di voi non perdona di cuore al proprio fratello».

Raccogliamoci un momento ancora in preghiera…
O Padre Celeste ogniqualvolta ci accostiamo alla tua Parola e soprattutto alle Parole che sono uscite dalla bocca del tuo figliolo e nostro maestro Gesù Cristo, noi sentiamo che questo è un parlare duro, che sono cose molto difficili quelle che vengono chieste a noi e molte volte non riusciamo a comprendere appieno il perché di questa tua volontà espressa in termini così decisi, così perentori che non ammettono scappatoie.
O Signore abbiamo bisogno del tuo Spirito per capire, di modo che avendo capito possiamo sinceramente accettare. Il tuo Spirito ci aiuti a pensare seriamente qual’è la nostra posizione
dinanzi a te, ci aiuti a capire come queste parole siano dirette a ciascuno di noi in particolare, personalmente, e soprattutto il tuo Spirito ci aiuti ad aprirci perché noi dobbiamo essere cambiati da te, perché questo se non ci soccorri la tua Parola non cada in un buon terreno.
Richiediamo tutto questo nel nome di Gesù Cristo. Amen

   La parabola ci porta subito nell’orizzonte del Regno, soltanto in questo orizzonte l’insegnamento di Gesù diventa comprensibile, quindi non si tratta di rapporti etici, di moralità pura e semplice. L’insegnamento cristiano sul perdono è veramente severo. E’ una cosa tremendamente seria, che viene ribadito di continuo nel Nuovo Testamento. 
Voi ricordate il Padre Nostro, compare già lì: ”rimettici i nostri debiti come noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori”, proprio in quella che è la preghiera, il modello. E non dimenticate che quella preghiera finisce con una aggiunta in cui si ribadiscono due concetti: perché se perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà voi, ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe. Quindi è un insegnamento su cui non dobbiamo finire mai di meditare, di fare nostro e di vedere come realizzarlo nelle nostre esistenze. E del resto non ci troviamo ad altro che di fronte ad un aspetto di quello che è il comandamento dell’amore. Ecco un modo di esaudire il comandamento dell’amore: amare il prossimo. E soprattutto lo possiamo in questo modo: con un atteggiamento di perdono. Ed è la cosa indubbiamente più difficile: facile visitare l’ammalato, dar da mangiare a chi ha fame, e così via, mentre c’è qualcosa dentro di noi che è più difficile lasciare.
La parabola ha ora il merito di farci capire come stanno le cose sull’ orizzonte del Regno di Dio. 
Nella parabola noi non troviamo più un rapporto bilaterale, come appariva nella domanda che aveva rivolto Pietro a Gesù: “Quante volte peccando il mio fratello verso di me perdonerò?” 
In quel caso siamo in un rapporto a due: io e l’altro, qui no. Nella parabola scorgiamo un rapporto è più complesso. Da una parte vediamo questo amministratore, un funzionario certamente di alto livello, di fronte al suo re. E poi un secondo rapporto, quello di questo stesso funzionario nei riguardi di un conservo. Ecco dunque due relazioni, potremmo dire proprio una bilateralità estesa anche a qualche cosa che ha preceduto il mio rapporto attuale con l’altro. Qualche cosa che è alle nostre spalle, un altro rapporto che è impegnativo, che deve condizionarmi.
La parabola è troppo nota, troppo semplice perché io mi dilunghi nel mostrarne i significati particolari. Quello che è evidente è che ci troviamo di fronte a tre momenti ben distinti.
Il primo è quello della misericordia, il secondo è quello della durezza di cuore, della crudeltà, il terzo è quello del giudizio, della giustizia.
Nel primo momento ci troviamo di fronte ad una situazione difficile. Un funzionario che ha un debito, probabilmente per una appropriazione dolosa, quindi un funzionario che ha rubato, e che, arrivato il momento della resa dei conti, non ha di che pagare e implora.
Dall’altra parte cosa vediamo? Un gesto gratuito di generosità. Questo re ha compassione, ci dice la parabola: e benché l’altro pretenda ancora ad un certo credito, dice infatti: "abbi pazienza, ti pagherò tutto", chiedendo in fondo una dilazione, questo re va al di là di quello che gli viene chiesto e condona tutto il debito. Che è indubbiamente un grosso debito. Diecimila talenti era per quel tempo una grossa cifra, potremo esprimerla in decine di milioni di euro, un debito enorme.
 Poi, ecco il secondo momento, quest’uomo che ha ricevuto questo condono e ha beneficiato di questa inverosimile, incredibile generosità, si trova di fronte a un conservo che gli deve una piccola somma. E’ come se non fosse accaduto niente precedentemente. Lo prende per il collo e vuole che questo gli paghi il piccolo debito che gli deve. E' veramente spietato, questo servitore, perché non sta ad ascoltare quelle medesime parole con cui lui si è rivolto al re: “abbi pazienza, ti pagherò, eccetera”, e lo fa imprigionare. Certamente è un comportamento che indigna difatti i conservi sono rattristati, ed anche il re si indigna.
Si arriva al terzo momento che è quello del giudizio. Dure sono le parole rivolte a quest’uomo. Durissima è la conclusione del giudizio: viene messo in carcere e affidato agli aguzzini e tormentatori, come era uso allora.
Quello che veramente fa impressione è come il primo gesto di perdono, di generosità, venga cancellato, revocato, non conti più nulla.

    Soffermiamoci quindi un momento a considerare cosa significhi il perdono di Dio, perché nella parabola evidentemente si tratta in quel primo momento del perdono di Dio.
Noi sentiamo dire nel Nuovo testamento che Dio ama anche il peccatore. 
Molte volte dimentichiamo che lo ama perché si ravveda. 
Comunque Dio ci viene presentato come colui che ama per primo ed ama anche il peccatore. Non ama questa umanità perché bella, amabile. L'interesse di Dio per noi uomini è misterioso, molte volte è incredibile: c’è qualcosa in noi che è prezioso, che deve essere salvata, come dice Gesù che è venuto per trovare quello che era perduto. Dio quindi è l’amore, manifesto soprattutto nei riguardi di quest’uomo che è peccatore.
Ma che cosa significa (a un certo punto dobbiamo chiedercelo) perdono?
C’è perdono quando il perdono è sentito e accettato come tale. Per poter sentire che io sono perdonato mi devo trovare in una certa situazione, in un certo stato d’animo: sentire cioè che non sono a posto, che ho commesso delle colpe che non dovevo commettere, che ho peccato, appunto, che ho bisogno del perdono. Altrimenti quel perdono che viene da Dio, quell’atto d’amore che ci viene garantito, mi passa sopra la testa, non mi tocca. C’è perdono solo quando è riconosciuto come tale. E non era certamente il caso di quell’uomo che non aveva capito nulla del gesto generoso di cui aveva beneficiato. E’ così per ognuno di noi, quando non si accoglie nella fede il messaggio d’amore del vangelo.
Quando si parla di evangelizzazione quello del tema su cui predicare è una grossa questione: predicare il giudizio o l’amore di Dio ? Il giudizio è il richiamo degli uomini al ravvedimento, l’amore è invece l’annuncio che Dio ci ama e ci perdona.
Però non possiamo separarle. Se noi leggiamo attentamente il Nuovo Testamento non possiamo separare l’amore dal giudizio. Quando Paolo riassume il tema della sua predicazione, egli dice che noi predichiamo Cristo crocifisso. E’ qui nel Cristo crocifisso che noi ci sentiamo giudicati, cioè riconosciamo il nostro peccato, perché in quella croce c'è anche il nostro peccato, e nello stesso tempo in quella croce vediamo, leggiamo l’amore di Dio.
Quindi è questo l’atteggiamento che fa di noi dei perdonati. Quando il perdono arriva e viene accolto e viene riconosciuto come perdono, allora noi siamo perdonati. Ed è come perdonati che ci viene rivolto il discorso che è il tema di questa parabola.
Il perdono sta sempre a monte di ogni nostro atteggiamento nella vita, quando ci troviamo di fronte all’altro è come perdonati che dobbiamo comportarci. E’ questo il senso profondo della parabola. 
Indubbiamente questo perdono deve cambiarci, se non ci cambia il perdono è stato vano. Dobbiamo, accogliendo nella fede il perdono, aver ricevuto lo spirito del perdono. E’ questo che fa di noi, perdonati, anche dei "perdonatori": lo spirito del perdono che è giunto a noi nella condizione di peccatori che hanno bisogno da parte di Dio.

 Consideriamo orain questa luce anche il rapporto tra noi e l’altro: il secondo momento di questa parabola.


   E’ sempre un rapporto d'inimicizia. Perché, se l’altro mi ha offeso, se l’altro ha abusato di me, se l’altro mi ha danneggiato, io debbo averlo sentito, non posso essere rimasto indifferente, perché se quello che mi fa l’altro non mi tocca, non c’è nemmeno luogo per il perdono… cosa dovrei perdonare...
Quando invece l’offesa dell’altro suscita in me una reazione e fa venir fuori l'inimicizia che è latente in me, è allora che sento in me il perdonare. I nostri rapporti con gli altri hanno come fondamento latente l'inimicizia, che scappa fuori alla prima occasione.

Ed  ecco allora che cosa vuol dire vedere l’altro come qualcuno da perdonare, vederlo, cioè, come noi siamo stati veduti da Dio, come oggetto d’amore e quindi di perdono. Dobbiamo vedere l'altro come un possibile perdonato da Dio, qualcuno a cui va l'amore di Dio così come è venuto a me. Non importa quello che nel tempo questo uomo potrà essere nei miei riguardi. Potrà continuare ad essere mio nemico: può darsi che il mio perdono non influisca affatto su di lui ma deve cadere questa figura di nemico che sta fra me e lui. Tra me e colui che Dio vede come un possibile ravveduto, come qualcuno che, alla fine dei tempi, nel giudizio universale, avrà parte al compimento di cui tutti abbiamo bisogno da parte di Dio. 
Il nemico deve dunque sparire, tanto più poiché, non dimenticando quello che oggettivamente l'altro ha fatto nei nostri riguardi, è il mio giudizio che ne ha costruito l'immagine, perchè io l'ho giudicato e, ritengo di averlo giudicato per quello che è effettivamente.
Ma in realtà io stesso ho costruito la figura del nemico e quindi vi ho messo tutta la mia inimicizia, è questo che deve venir meno, deve sparire questa inimicizia che c'è tra me e lui, per cui egli è il nemico. E come è possibile questo? Solo a condizione che tra me e lui al posto della inimicizia io metta Dio. Deve comparire, questo rapporto a tre, se voglio che abbia senso il perdonare gli altri.
Mi devo quindi mettere in questa luce, o meglio, mettere nello spirito del perdono. Così come io da possibile peccatore che poteva ravvedersi, sono diventato un perdonato, così devo vedere anche l'altro nel rapporto possibile che Dio può stabilire con lui. In altre parole, mi devo mettere dalla parte di Dio, non restare nel mio IO. Non rimanere in questo cerchio al cui centro mi trovo e in cui pretendo che tutto e tutti rientrino a mio piacere, secondo i miei interessi, in armonia con il mio mondo.
Si perdona a condizione che ci si senta perdonati, a condizione che anche l'altro sia visto come qualcuno a cui Dio si è rivolto col suo perdono. E si potrebbe aggiungere, anche, che se mi metto in questa luce e in questa luce vedo l'altro, lo vedo anche come un uomo diverso. Se cade questa figura, questa immagine del nemico, cui ho contribuito, vedo un altro uomo.

Qualche settimana fa leggevo una testimonianza di un uomo che ha ascoltato in chiesa una predica sul perdono (qualche volta le prediche servono), quest'uomo non poteva perdonare suo padre. Niente meno, suo padre! Era arrivato oltre i cinquant'anni con questo rancore nei riguardi del padre perché il padre era un alcoolizzato. Aveva reso infelice la madre, aveva rovinato la sua infanzia e la sua giovinezza, addirittura riteneva che questa cattiva infanzia, avesse influito su tutto il corso della sua esistenza.
Tuttavia ha capito il messaggio del perdonare che viene dal Vangelo e questa raccomandazione di Gesù.
E allora ha cominciato a vedere il padre in un'altra luce. Lo ha considerato meglio, ha visto che uomo frustrato, infelice, deluso, sofferente, fosse. Ha visto addirittura come quel bere fosse una fuga da una esistenza difficile, molte volte anche martoriata. Ed ecco allora che il padre gli è diventato così: qualcuno che doveva essere amato e come certamente Dio lo aveva visto.
Ecco dunque cosa vuol dire fare largo nei nostri animi allo spirito degli altri che indubbiamente ci aiuta a fare pulizia dentro perché, serbare sentimenti di rancore, è malsano e fa male. Ma soprattutto ci fa vedere gli altri nella giusta luce. 
Ma noi riusciamo a perdonare sempre anche se questo messaggio, il perdono di Dio, lo abbiamo accolto, se l'abbiamo capito, se siamo credenti e quindi l'abbiamo accolto nella fede?


Non bisogna infatti credere che l'avere capite queste cose ci faciliti il dovere di perdonare e di amare in questo modo. Noi riconosciamo che è difficile e nello stesso tempo riconosciamo anche che è gratis. Ripetutamente torna l'argomento del giudizio: “ma se voi non perdonate gli altri, nemmeno il Padre vostro perdonerà a voi”. Guardate che è terribile, se noi consideriamo quanto poco riusciamo a perdonare gli altri, dobbiamo anche sentire che siamo sotto giudizio. E allora che cosa dobbiamo pensare? Che noi dobbiamo essere perenni penitenti di fronte a Dio e che siamo come quel pubblicano che si batte il petto e che dice “abbi pietà di me peccatore”.
Ecco perché dobbiamo trovarci così di fronte a Dio. Ora se Dio vuole che noi perdoniamo “settantasette volte sette” all'altro uomo, figuriamoci quante volte Dio perdonerà a noi, tutte le volte che torniamo a Lui con fede, compresi di quello che noi siamo, soprattutto di questa incapacità di essere perfetti, di perdonare come si deve.
E allora ci viene consigliato, potremmo dire dallo stesso Gesù, di metterci nell'atteggiamento giusto quando siamo di fronte a questi problemi.
Nel vangelo di Marco al capitolo 11, Gesù pronuncia queste parole “Quando vi mettete a pregare se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, affinché il Padre vostro che è nei cieli vi perdoni le vostre colpe”.
Quando preghiamo, quando realizziamo questo rapporto trilaterale. Dio che ci perdona e che è alle nostre spalle, uno di fronte all'altro, in preghiera. E allora è facile che noi ci apriamo a questo spirito del perdono, a questo amore che lo Spirito soltanto può spargere nei nostri cuori.

Se abbiamo personalmente un problema di questo genere, una difficoltà di perdonare qualcuno, sappiamo che cosa dobbiamo fare. Entrare in questo tipo di preghiera in cui siamo Dio, io e l'altro!

- Lodiamo il Signore con il canto ...

- Preghiera comunitaria ...

- Canto finale di lode ...

Nessun commento: