Si discute oggi del grande successo che il movimento evangelico pentecostale ha ottenuto in ogni parte del mondo. L'esempio più eclatante è il caso Brasile dove nel solo ultimo decennio (2000-2010) ben 12 milioni di cattolici hanno lasciato la loro chiesa per le Comunità Pentecostali o Evangeliche.
Ugo Gastaldi nel suo libro "I movimenti di risveglio nel mondo protestante. Dal Great Awakening (1720) ai revivals del nostro secolo" (Claudiana, Torino 1989) presentava la storia di un fenomeno particolare che aveva lasciato la sua impronta nel protestantesimo mondiale degli ultimi due secoli.
Capire cosa fosse stato il Risveglio, quali fini si proponeva, quali effetti ha avuto ed ha nel nostro tempo e nei vari contesti, è una condizione essenziale per capire il mondo evangelico odierno e, in particolare, quel movimento carismatico oggi in piena espansione nel cristianesimo mondiale. Il libro che ben evidenzia le basi da cui è partito un rinnovamento ecclesiale che ancora oggi induce il cristianesimo ad una non comune vitalità, è di stimolo per ogni comunità e chiesa a ritrovare l'essenziale valore della testimonianza della propria fede in Cristo.
27/11/2007 - 27/11/2015
OTTAVO ANNIVERSARIO DELLA SUA SCOMPARSA
" I movimenti di risveglio nel mondo protestante "
INTRODUZIONE
Con un termine comune, quello di «risvegli», è di uso corrente indicare
quei movimenti di rinnovamento che nei secoli XVIII e XIX percorsero il mondo
protestante. Un uso giustificato, dal momento che questi movimenti
costituiscono un fenomeno dotato di una fondamentale unità, pur assumendo essi
caratteristiche diverse da paese a paese, diversi essendo i contesti storici
in cui si inquadrano. È significativo
del resto che nelle varie lingue dei paesi in cui si sono avuti «risvegli» si
siano usati, per designarli, dei termini di equivalente significato, come Awakening
e Revival in Inghilterra e negli Stati Uniti, Erweckung in
Germania, Réveil in Svizzera, Francia e Olanda. V'è chi tuttavia
preferisce limitare l'uso del termine «risveglio» ai movimenti che si ebbero in
Europa nel secolo XIX.
L'orizzonte geografico dei movimenti di risveglio coincide con la totalità
del mondo protestante. Questi movimenti interessano innanzitutto i paesi in
cui la Riforma del secolo XVI si è affermata, costituendo delle chiese
nazionali che comprendono la maggioranza della popolazione (Germania,
Svizzera, Olanda, Inghilterra, Scozia, Danimarca, Svezia, Norvegia e
Finlandia). Ma interessano anche i paesi in cui è presente una minoranza
protestante, sia essa cospicua, come accade in Francia con la Chiesa riformata,
sia invece estremamente esigua, come è il caso dell'Italia con i valdesi delle
valli piemontesi. I movimenti di risveglio hanno coinvolto infine anche i
gruppi nati dalla dissidenza protestante del secolo XVII, come i
congregazionalisti e i battisti.
Il periodo storico in cui questi movimenti possono essere compresi è
abbastanza ampio: essi fanno la loro comparsa nei primi decenni del secolo
XVIII, raggiungono un massimo di estensione e di intensità nella prima metà del
secolo XIX, prolungando si talvolta ed esaurendosi nella seconda metà di questo
secolo.
* * *
Una costante dei movimenti di risveglio è la
giustificazione che offrono di se stessi. Essi si legittimano sempre come una
reazione alla situazione delle chiese, che viene giudicata come negativa ed
inaccettabile. Il «risveglio» presuppone una condizione di «sonno» e si intende
che essa riguardi i credenti all'interno delle chiese.
Si deve quindi prendere atto
innanzitutto del fatto che questi movi menti si pongono sempre e comunque in un
certo rapporto con le chiese, sia che operino all'interno o ai margini di esse,
sia che se ne separino per svolgere autonomamente la loro azione. Non nascono
da leaders isolati ed estranei alle chiese, ma quasi sempre da ministri
regolarmente ordinati, sebbene il contributo che danno loro i laici sia
particolarmente rilevante. In quanto alle dottrine propugnate, esse sono quelle
tradizionali delle chiese, dandosi raramente il caso che da esse ci si
discosti.
Di fronte alle chiese i movimenti di
risveglio si pongono in un atteggiamento critico che può essere compendiato in
due punti fondamentali:
l) Si ritiene che nelle chiese non
ci sia vita, ma ristagno e torpore, perché deboli sono le convinzioni e scarso
il fervore dei membri di chiesa. Poiché le
chiese nella maggior parte dei casi sono moltitudiniste, si dirà anche che esse
si adeguano al basso livello spirituale della massa.
2) Si afferma soprattutto che la
predicazione si sia allontanata dai grandi temi della Bibbia ed abbia
praticamente abbandonato il magistero dei grandi riformatori ed il dettato
delle storiche Confessioni nate dalla Riforma. Si denuncia frequentemente il fatto
che i ministri che reggono le chiese e specialmente i professori delle facoltà
teologiche siano stati guadagnati alle idee della cultura dominante.
Il presupposto dei risvegli sarebbe quindi una generale condizione di crisi delle chiese protestanti. Ciò che essi si prefiggono è riportare la fede ai solidi fondamenti della Bibbia, per la chiesa e con la chiesa finché possibile, senza la chiesa e con libertà d'iniziativa quando è necessario. V'è la ferma consapevolezza che la Parola di Dio debba stare al di sopra della chiesa. Si rende. quindi necessaria una messa a punto per quanto sommaria delle condizioni in cui effettivamente versava il protestantesimo alla vigilia e durante il decorso dei movimenti di risveglio, sia per una verifica delle loro pretese di legittimità, sia per aver presente il contesto ecclesiastico e culturale entro cui si muovono.
* * *
Dopo la scomparsa dei
riformatori le chiese nate dalla loro opera riformatrice entrarono in quel periodo che
si suoI chiamare delle ortodossie, perché caratterizzato dalla preoccupazione
di salvaguardare e difendere la dottrina ricevuta.
Nell'ambito del luteranesimo,
dopo aspre controversie si era giunti con la Formula di Concordia (1577) a trovare un accordo sul canone dottrinale. Da quel momento e su quella base si sviluppò una copiosa letteratura
teologica in cui venivano trattati puntualmente e meticolosamente tutti gli
aspetti della dottrina. Molto si è detto della aridità di questa produzione, ma non sempre a ragione. Vi figurano anche teologi di notevole statura, come Leonhard Hiitter (1563-1616), autore di un Compendium locorum theologicorum (1610) e Johann
Gerhard (1582-1637), autore di nove volumi di Loci theologici. Né va dimenticato che in questo periodo dal grembo del luteranesimo emersero
figure notevoli come il mistico Johann Arndt (1555-1625), autore di Quattro libri sul vero cristianesimo, ed il poeta
religioso Paul Gerhardt (1607-1676).
Le chiese di Stato
luterane non dovevano essere prive del tutto di vitalità se
esse riuscirono a fare del protestantesimo un elemento fondamentale ' della cultura e del costume sia in Germania che nei paesi scandinavi. D'altra parte è vero che in Germania la vita delle chiese risentì pesantemente, come ogni altro aspetto della vita del paese, delle conseguenze rovinose della guerra dei trent'anni (1618-1648).
Anche il calvinismo
visse un suo travagliato periodo di consolidamento ortodosso della dottrina.
Esso cominciò subito dopo la scomparsa di Calvino con il suo collega e successore all' Accademia di Ginevra, Teodoro di Beza (1519-1605), che difese
strenuamente le dottrine fondamentali del calvinismo. Dopo
la sua morte saranno i Paesi Bassi a diventare il baluardo dell'ortodossia
calvinista, con quel Sinodo di Dordrecht (1618-19), che
ribadiva nel modo più rigoroso e intransigente la dottrina della doppia
predestinazione contro i seguaci di Jacopo Arminio (1560-1609). L'ultima
importante espressione dell'ortodossia riformata vede la.luce a Ginevra con la Formula Consensus
Ecclesiarum helveticarum reformatarum,
più noto brevemente come Consensus helveticus (1675).
Anche per il calvinismo si deve riconoscere
che quello dell'ortodossia fu tutt'altro che un periodo di
decadenza. Le accese controversie che lo caratterizzano erano quasi sempre un connotato del fervore che animava non solo il
mondo accademico, ma le stesse masse dei fedeli. E non si deve dimenticare che
il calvinismo in quegli anni ebbe due punte vivacissime nel puritanesimo in
Inghilterra e nel presbiterianesimo in Scozia.
Il
puritanesimo non fu soltanto un movimento all'interno della Chiesa d'Inghilterra che
mirava a promuovere una riforma di tipo calvinistico: esso divenne anche una
interpretazione della vita cristiana che poneva l'accento sulla rigenerazione e
santificazione del credente, e sulla stretta moralità della condotta. Strumenti
della diffusione del puritanesimo erano la predicazione su temi strettamente
biblici, l'istruzione religiosa nell'àmbito delle famiglie e l'incoraggiamento dato ad una seria pietà personale imperniata sulla
meditazione della Sacra Scrittura e sulla preghiera.
Durante
il periodo del protettorato di Oliviero Cromwell il movimento puritano diede
luogo ad una effervescenza di gruppi che proponevano arditi
progetti di riforma religiosa e sociale. Resta tuttavia il fatto che il puritanesimo
fu un fenomeno minoritario anche se lasciò tracce profonde nella vita religiosa
e civile dell'Inghilterra. La Restaurazione segnò l'inizio del suo rapido declino:
con l'ascesa al trono di Carlo II Stuart (1660) la Chiesa d'Inghilterra riacquistò la sua posizione di chiesa di Stato e subì una
svolta caratterizzata da una forte ccentuazione dogmatica e dall'intolleranza
nei riguardi del non conformismo. Il calvinismo in Inghilterra sopravvisse nel
congregazionalismo, sviluppatosi fin dall'inizio del secolo XVII
al di fuori della chiesa costituita. Esso si attestò saldamente nelle
colonie inglesi d'America. Una forma altrettanto rigida di
calvinismo aveva avuto il sopravvento in Scozia con il presbiterianesimo, che però a motivo dei cambiamenti politici per cui passò il paese riuscì ad
affermarsi definitivamente nella Chiesa di Scozia soltanto nel 1692.
* * *
Nella
seconda metà del secolo XVII faceva la sua comparsa il pietismo, un movimento
di rinnovamento che fu attivo nel mondo protestante per oltre un secolo sebbene
non ovunque con la stessa intensità. Esso ebbe origine in Germania, in un paese
che ancora risentiva profondamente dei danni materiali e spirituali
provocati dalla guerra dei trent'anni. La Chiesa luterana, sino ad allora fermamente dominata dallo spirito della cosiddetta «ortodossia», sembrava
impari al compito di andare incontro alle esigenze di un così difficile momento
storico. Le preoccupazioni dell'ortodossia dottrinale e le conseguenti
controversie confessionali, dopo trent'anni di rovinosi conflitti erano
diventate inattuali e trovavano anzi un ambiente ostile. Il pietismo nacque
dall'esigenza di una spiritualità più adeguata al bisogno di quei tempi. Il suo fondatore, Philipp Jakob Spener (1635-1705), era un uomo mosso soprattutto da preoccupazioni pastorali.
I
suoi Pia desideria, comparsi nel 1675, prospettano la necessità di dare
una risposta a sei esigenze fondamentali:
1) una maggiore diffusione e conoscenza delle Sacre Scritture
2) più interesse e spazio concessi all'elemento laico
3) onorare
le virtù cristiane non meno della dottrina
4) rifuggire dall'animosità delle controversie
5) più interesse pastorale negli studenti di
teologia
6) predicazione mirante al cambiamento dell'uomo.
Secondo
Spener l'edificazione dei credenti avrebbe dovuto aver luogo in piccoli gruppi
di zelanti (i collegia pietatis) che si riunivano al di fuori della
chiesa, ma senza contrapporsi ad essa o trascurarne le attività. Spener fu anche il creatore di una facoltà di teologia presso l'Università
di Halle, destinata a diventare un centro di diffusione del pietismo.
La
seconda grande personalità del pietismo fu August Hermann Francke (1663-1727), al quale si deve l'organizzazione del movimento e la sua rapida
espansione. Professore di lingue orientali prima (1692), poi di teologia (1698)
nell'Università di Halle, egli si affermò sia nello studio
scientifico della filologia che nella predicazione e cura d'anime. La vastità
degli interessi ed il non comune talento organizzativo lo condussero ad
applicarsi a molteplici attività pratiche, come la fondazione di un
orfanotrofio e di scuole per il popolo, la creazione di un collegio per i
ragazzi della nobiltà (il Poedagogiumi, la preparazione di giovani per
le missioni oltremare.
Nella
spiritualità dominante nell'ambiente pietistico di Halle e specialmente nel Poedagogium
si dette una particolare importanza alla «conversione», intesa come una
esperienza interiore caratterizzata da una intensa emozione, punto di artenza di una rigenerazione del credente.
Dalla
Prussia il pietismo si diffuse nel restante della Germania e di qui passò in Olanda e nei paesi
scandinavi, contribuendo non poco a preparare il terreno ai movimenti di
risveglio, nei quali in misura notevole è evidente una componente pietistica.
Dopo la
morte di Francke (1727) il pietismo entrò in una fase di involuzione e
decadenza, allontanandosi dalla matrice luterana ed accogliendo motivi mistici, apocalittici e teosofici. Il centro della sua diffusione si spostò dalla Prussia al Wiirttemberg. Qui il pietismo riuscì a radicarsi profondamente nella borghesia e nei ceti popolari ed ebbe nondimeno
esponenti in insigni studiosi e teologi come Johann Albrecht Bengel (1687-1752)
e Friedrich Christoph Oetinger (1702-1782).
Bengel,
che tra l'altro fu un'autorità nel campo della filologia del Nuovo Testamento, va ricordato anche per il fatto che introdusse nel pietismo l'interesse per l'apocalittica. Rigorosamente biblicistica è la sua concezione del
mondo e della storia: nell'unità della Sacra Scrittura si ha la
rivelazione del senso e dei modi in cui negli eventi storici si sviluppa il
piano provvidenziale di Dio per il cosmo e l'umanità. Oetinger
accolse da Bengel la visione unitaria del processo che riconduce tutte le cose a Dio, integrando la con le influenze che ricevette da Jacob Boehme e Emmanuel Swedenborg: ne risultò una teosofia mistica che al
carattere speculativo univa una ricchezza non comune di suggestioni
pratiche.
Un
altro notevole maestro di vita
spirituale del tardo pietismo è Johann Heinrich Jung-Stilling (1740-1817), nel cui insegnamento si pongono due motivi diversi come l'unicità dell'esperienza del singolo, la cui vita si svolge sotto l'azione della provvidenza, e l'appello profetico alla chiesa perché si prepari all'imminente incontro escatologico con il Cristo
ritornante.
Una
posizione a parte occupa nel pietismo un'altra sua notevole figura di leader, Nikolaus Ludwig, conte di Zinzendorf (1700-1760), al cui dinamismo si
debbono nuovi sviluppi del movimento.
Nato a
Dresda in una nobile famiglia di origine austriaca e rimasto orfano, egli venne affidato ad una nonna pietista che lo mandò a studiare nel Paedagogium
di Halle (1710-16). Una svolta decisiva della sua
esistenza si ebbe nel 1722, quando egli accolse nella sua proprietà di
Berthelsdorf in Sassonia un gruppo di profughi boemi e moravi dell'Unitas
Fratrum (hussiti radicali), che vi costituirono una comunità chiamata Herrnhut
(protezione del Signore), destinata a diventare
famosa. Nel 1727 lasciò l'ufficio governativo che ricopriva alla corte
di Dresda per dedicarsi interamente ad una attività di leader religioso, caratterizzata
dalla formazione di comunità di convertiti, dall'evangelizzazione su scala mondiale, da
iniziative missionarie e relazioni ecumeniche. Nel 1736 venne espulso dalla Sassonia e si stabilì alla Wetterau, nell' Assia attuale, che divenne un altro centro della sua attività. Zinzendorf viaggiò
molto visitando i maggiori paesi europei e le colonie inglesi d'America, e
fondando ovunque comunità di seguaci, le più vive delle quali si dimostrarono quelle in Olanda e in Inghilterra. Da questa feconda attività proselitistica nacque un tipo di
libera chiesa, quella dei Fratelli Moravi, ortodossa per il credo, ed orientata verso la missione e l'ecumenismo. Essa è fondata sull'esperienza della conversione e di intensi rapporti fraterni, e
caratterizzata da una spiritualità in cui hanno un' grande peso la meditazione riverente della Sacra Scrittura e le espressioni emotive della
fede. Il pietismo dei Fratelli Moravi ha avuto una influenza notevole sui movimenti di risveglio europei, specialmente ai loro inizi e riguardo ad alcune forme caratteristiche della
loro attività.
* * *
Nel
corso dei secoli XVII e XVIII nel mondo protestante si facevano strada ed acquistavano peso anche orientamenti teologici di carattere
razionalistico.
Questa evoluzione è particolarmente evidente nella storia ecclesiastica dell'Inghilterra ed è un aspetto della vivace reazione che in questo paese sollevarono le rigidezze dogmatiche del
calvinismo.
Intorno
alla metà del secolo XVII, mentre nel continente si affermava il razionalismo di Cartesio e di Spinoza, in Inghilterra fioriva la scuola filosofica
dei cosiddetti «Platonici di Cambridge», un gruppo di teologi e filosofi che si distingueva per il proposito di
conciliare fede e ragione.
Su
questa via essi erano stati preceduti da Richard Hooker (c. 1554-1600), il più grande teologo anglicano dell'età elisabettiana, che in polemica con il puritanesimo aveva
affermato che il cristianesimo si fonda non soltanto sull'autorità della Bibbia, ma anche su quella della ragione. I
«Platonici di Cambridge» consideravano' la ragione umana una luce infusa da Dio,
capace di illuminare gli uomini su verità essenziali, rispetto alle quali le
verità rivelate costituivano un supplemento. Non meno
fermi erano nel considerare una realtà incontrovertibile la libertà e la
responsabilità morale dell'uomo.
Essi si tenevano fuori dalle aspre controversie teologiche del loro tempo e si
proponevano di offrire un esempio di seria ed equilibrata spiritualità. Specialmente dopo la guerra civile reagirono al dogmatismo dominante sotto varie
forme e si batterono con passione per una maggiore tolleranza. Le figure più
notevoli di questo gruppo sono Benjamin Whichcote (1609-1685), John Smith
(1618-1652), Ralph Cudworth (1617-1688) ed Henry More (1614-1687).
Un
gruppo affine ai «Platonici di Cambridge» è quello dei Latitudinari iLatitudinarians
o anche Latitude Men), che durante i regni di Giacomo I e Carlo I costituirono un'ala moderata e tollerante della Chiesa anglicana, incline a
contrapporre la ragione alI'autoritarismo in materia di 'dogma e di politica ecclesiastica.
Già
alla fine del secolo XVII nella Chiesa d'Inghilterra erano state quasi
totalmente emarginate le influenze del calvinismo e avevano guadagnato largo
consenso le idee arminiane. Dottrine come la «total depravity» e la doppia
predestinazione erano ormai consegnate al generale discredito.
Ma
anche dove il calvinismo sopravvisse più a lungo, cioè nel presbiterianesimo
scozzese, si andò incontro a una profonda crisi. Riguadagnato il controllo
della Chiesa di Scozia, i presbiteriani imposero al paese un regime di severa
osservanza della disciplina ecclesiastica e di controllo rigoristico dei
costumi. La predicazione da severa che già era diventò cupa ed intimidatoria,· facendo del Dio di Gesù Cristo una divinità
sospettosa e vendicativa.
Un
calvinismo così involuto si trovò nella condizione di non poter resistere alla
ventata liberatrice dei Lumi nel secolo XVIII. Nell'ambito stesso della Chiesa di Scozia si fece strada un orientamento
opposto, quello dei cosiddetti «moderates», in cui si faceva largo credito alle
idee ed ai gusti della nuova cultura. Al
pessimismo antropologico dei Riformatori si contrappose una concezione
ottimistica della natura umana e del decorso della storia, e la stessa fede in
Dio e in Gesù Cristo venne praticamente a risolversi in un atteggiamento intellettualistico
ed eticizzante, dovendo l'uomo nella propria vita riflettere l'ordinata
razionalità della creazione e l'armonia che Dio esige dalla sua creatura
privilegiata. Intorno alla metà del Settecento i «moderates» costituivano il
partito dominante della Chiesa scozzese.
Può
essere fatto rientrare nel razionalismo credente anche il
socinianesimo, le cui dottrine nei secoli XVII e XVIII penetrarono
largamente nei paesi protestanti.
La Ecclesia
Reformata Minor, costituitasi in
Polonia sul fondamento del pensiero di Fausto Socino (1539-1604), era stata
bandita nel 1638 e la dispersione dei suoi membri aveva portato al sorgere di
centri di diffusione del socinianesimo nella Prussia Orientale e nei Paesi
Bassi. Di qui le idee sociniane passarono in Inghilterra, in Svizzera e in America, trovando favorevole accoglienza nelle facoltà teologiche ed
in parte nel corpo pastorale, specialmente nel corso del Settecento. Alla fine
di questo secolo la famosa Accademia di Calvino a Ginevra aveva un corpo
insegnante costituito in gran parte di sociniani.
La ragione di questo tardivo successo del socinianesimo va cercata nel fatto che esso proponeva una lettura razionalistica delle Sacre Scritture e accantonava del tutto l'ortodossia di Nicea-Calcedonia, specialmente per quanto riguarda la persona e l'opera di Gesù Cristo. La negazione del peccato originale e del valore espiatorio della croce di Cristo andava certamente incontro alle esigenze di una teologia semplificatrice e conciliabile con la ragione. Il socinianesimo tuttavia faceva salvo il principio che Dio si sia rivelato in Gesù Cristo e professava che un cammino ubbidiente agli insegnamenti dell'evangelo costituisse la condizione di una vita dopo la morte. Questo bastava a distinguerlo dal razionalismo più radicale e a renderlo accetto a quanti ancora ritenevano che la chiesa e la sua predicazione avessero una ragione d'essere.
La ragione di questo tardivo successo del socinianesimo va cercata nel fatto che esso proponeva una lettura razionalistica delle Sacre Scritture e accantonava del tutto l'ortodossia di Nicea-Calcedonia, specialmente per quanto riguarda la persona e l'opera di Gesù Cristo. La negazione del peccato originale e del valore espiatorio della croce di Cristo andava certamente incontro alle esigenze di una teologia semplificatrice e conciliabile con la ragione. Il socinianesimo tuttavia faceva salvo il principio che Dio si sia rivelato in Gesù Cristo e professava che un cammino ubbidiente agli insegnamenti dell'evangelo costituisse la condizione di una vita dopo la morte. Questo bastava a distinguerlo dal razionalismo più radicale e a renderlo accetto a quanti ancora ritenevano che la chiesa e la sua predicazione avessero una ragione d'essere.
* * *
Gli
orientamenti ai quali abbiamo accennato erano considerati
compatibili con l'appartenenza alle chiese costituite, anche se
può meravigliare la disinvoltura con cui si passava sotto
silenzio il fatto che quelle stesse chiese avessero delle
confessioni di fede che non erano poi così remote e nemmeno poco esigenti in fatto di ortodossia. Dal tacito ripudio di tanta parte della dottrina, anche di quella più tipicamente protestante, si salvavano
non senza vistose riserve alcuni princìpi di fede, come la rivelazione, la provvidenza di Dio, l'autorità della Bibbia, il magistero di Cristo, la
vita eterna: il minimo indispensabile perché si potesse ancora usare l'etichetta di cristianesimo.
La
stessa cosa non si può dire invece di quella espressione estrema del
razionalismo teologico che fu il deismo. Sviluppatosi nella seconda metà del
secolo XVII e nella prima metà del secolo XVIII, il deismo costituisce la prima
aperta contrapposizione di una religione naturale alla religione rivelata.
Il dio
dei deisti sta al principio dell'ordine dell'universo e
della natura, ma non è provvidenza e nel suo rapporto con gli uomini è solo il
garante dell'ordine morale. Non c'è una rivelazione, e nemmeno un disegno soprannaturale di salvezza, quindi non hanno fondamento le pretese delle chiese storiche. L'uomo può giungere con la sola forza della ragione a quei principi religiosi che stanno alla base del comportamento morale.
Il
deismo trovò un terreno favorevole in Inghilterra, ove del resto i due massimi pensatori inglesi
dell'epoca, Isaac Newton e John Locke, senza essere
deisti, avevano fatto credito ad idee che andavano
nella" direzione dei principi fondamentali annunciati dal deismo. Isaac Newton,
descrivendo l'ordine matematicamente esatto dei cieli,
rendeva evidente alla ragione l'esistenza di un supremo ordinatore, mentre John Locke
nella sua opera The Reasonableness of Christianity (1695) riconosceva
alla ragione umana la capacità di commisurarsi con la rivelazione e di tradurne il contenuto in concetti comprensibili.
Un
passo più in là troviamo John Toland, con Christianity not Mysterious (1696),
e Matthew Tindale con Christianity as Old as the Creation (1730), per i quali la rivelazione diventava superflua ed era possibile una religione rispondente alle attitudini naturali e spontanee
dell'uomo. Questo non era ancora un deismo ostile al cristianesimo. Tindale era
un ministro della Chiesa anglicana e non era certamente il solo a ritrovarsi in
questa posizione.
Ma
altri andarono ben oltre, come Antony Collins (1676-1729), che contestò
l'autorità della Bibbia e l'accettabilità del cristianesimo, e Thomas
Woolston (1669-1733), che passò a muovere altri attacchi alla fede cristiana,
mettendo in questione i miracoli e la resurrezione di Gesù Cristo.
Il
deismo inglese restò un fenomeno elitario e la sua influenza venne contro
bilanciata da una nutrita fioritura di apologie dell'ortodossia, tra le quali emergono l'Alciphron di George Berkeley (1732), The
Case of Reason di William Law
(1731) e The Analogy of Religion di Joseph Butler (1736).
Una
diffusione assai più larga ebbero le idee del deismo in Francia, grazie anche
al grande prestigio di alcuni suoi sostenitori.
François-Marie
Arouet, detto Voltaire (1694-1778), fece
tradurre e diffondere gli scritti dei deisti inglesi e profuse spunti deistici
nella sua vasta produzione letteraria. Egli ammetteva un principio divino da
cui derivano il mondo e l'anima e sosteneva che l'uomo non deve a Dio altro che
una condotta morale. Nessuno più di lui ha contribuito a screditare la Bibbia,
mettendone in ridicolo le figure e i racconti.
Rientra
nel deismo anche Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) che nell'Émile, con la Profession
de foi du Vicaire savoyard, fece del sentimento la base di una religiosità
in cui la testimonianza della natura e della coscienza morale è sufficiente a
giustificare la fede in Dio e nell'immortalità dell'anima.
Il
deismo in Francia permeò gli scritti degli enciclopedisti, ispirò i capi della
Rivoluzione e contribuì alla formazione di un diffuso sentimento di ostilità
nei riguardi del cristianesimo.
In
Germania il deismo trovò la strada preparata dall'affermarsi della filosofia
razionalistica di Leibnitz e soprattutto di Wolff. L'Università di Halle
diventò una cittadella del deismo, grazie anche all'ascesa al trono di Federico
II.
Ad
Halle si ebbe una serie di professori di teologia che si distinsero per una
interpretazione razionalistica dei testi biblici: Sigmund Jacob Baumgarten
(1706-1755), Christian Benedikt Michaelis (1680- 1762), il figlio di questi Johann
David Michaelis (1717-1791) e soprattutto Johann Salorno Semler (1725-1791).
Quest'ultimo sostenne la tesi che la fede si evolve storicamente sotto la
spinta delle idee morali, in modo che la storia delle religioni viene a
coincidere con la storia della moralità. L'Antico Testamento rappresenta uno
stadio arretrato di questa evoluzione ed è espressione delle idee morali del
popolo ebraico.
Un'altra
concezione storica della religìone ci è presentata da Gotthold Ephraim Lessing
(1729-1781), che nell'opera Die Erziehung des Menschengeschlechts (L'educazione
del genere umano, 1780) giustifica la rivelazione come la progressione degli
interventi attraverso cui Dio educa l'umanità. È però nei piani di Dio che le verità rivelate diventino col tempo
verità di ragione. «La Rivelazione - egli afferma - non offre nulla al genere
umano a cui la ragione umana non possa arrivare anche da sola». In Die
Religion Christi egli distingue tra la religione professata da Cristo, che
egli accetta pienamente, e la «religione cristiana», fondata sulla
dìvinizzazione di Cristo.
Fu il
Lessing a curare negli anni 1774-1778 la pubblicazione postuma di alcune parti
della Apologie, oder Schutzschrift fùr die vernùnftigen
Verehrer Gottes (Apologia o difesa per gli adoratori intelligenti di
Dio) che l'autore, Hermann Samuel Reimarus (1694- 1768), non aveva osato
pubblicare in vita. Per Reimarus la ragione non può andare oltre l'ammissione di un Dio autore di una creazione in cui tutto concorre
preordinatamente alla massima felicità degli esseri viventi. È su quest'unica base che possiamo giudicare della
relativa verità delle religioni positive, fondate su una
presunta rivelazione divina. Anche il cristianesimo è un miscuglio di vero e di falso sebbene Gesù
si sia molto avvicinato alle verità della religione naturale. Che egli si sia proclamato Messia e sia risorto dai
morti è stata secondo Reimarus una invenzione dei suoi discepoli.
Anche
Kant può essere fatto rientrare nel deismo, specialmente con la sua
Religione nei limiti della ragion pura (1793). Dio e l' anima sono per Kant idee della ragione su cui non
si può fondare una conoscenza. La rivelazione storica è un puro oggetto di fede
che la ragione umana, divenuta consapevole dei suoi limiti, non può
né legittimare né escludere. L'esistenza di Dio e l'immortalità
dell'anima sono postulati della Ragione Pratica e quindi momento culminante di
una fede morale. La religione non fa che esprimere in simboli le esigenze della
coscienza morale ed in ultima analisi ha il suo fondamento di verità nella
ragione. Gesù Cristo è un maestro di etica, la chiesa è una società per l’educazione morale, il
culto accetto a Dio è la buona condotta.
* * *
Il
secolo XVIII ci fa assistere ad un eccezionale avanzamento del sapere
scientifico. Le scienze fisiche e naturali aprono nuovi
orizzonti sulla realtà che circonda l'uomo: si accumula una massa
impressionante di notizie sulla struttura dell'universo, sulla configurazione
dell'orbe terraqueo, sui popoli della terra e le loro culture.
Di pari
passo l'erudizione storica allargava i suoi confini ed invadeva il campo sino
allora riservato ai miti e alle leggende, riconducendo in questo modo il divenire umano
alle sue dimensioni naturali.
Questo
prepotente bisogno di conoscere e di capire fu accompagnato da una vasta e
fervida produzione di opere di divulgazione, che mettevano i risultati della ricerca scientifica e storica alla portata della
società colta dei paesi europei. Il sapere ed il
raziocinio furono veduti come gli strumenti di una emancipazione totale
dell'uomo e del suo ingresso in un avvenire luminoso di ordine e di felicità.
La nuova cultura, l'Illuminismo, aveva il carattere messianico e missionario di
una religione.
Tra le molte e diverse conseguenze immediate di questo fenomeno dobbiamo porre il discredito che si riversò sulla Bibbia e sulla pretesa che essa potesse ancora proporsi come un'autorità. Si trovava che le narrazioni bibliche non reggessero più al confronto col linguaggio razionale e persuasivo delle scienze e soprattutto col metodo critico delle discipline storiche. Una volta accettato che la natura sia retta da leggi inderogabili, diventava estremamente difficile concepire una divinità che mediante il miracolo e la provvidenza interferisse con l'ordine naturale e la storia umana. L'uomo doveva accettare il fatto di essere l'unico responsabile del suo destino.
Tra le molte e diverse conseguenze immediate di questo fenomeno dobbiamo porre il discredito che si riversò sulla Bibbia e sulla pretesa che essa potesse ancora proporsi come un'autorità. Si trovava che le narrazioni bibliche non reggessero più al confronto col linguaggio razionale e persuasivo delle scienze e soprattutto col metodo critico delle discipline storiche. Una volta accettato che la natura sia retta da leggi inderogabili, diventava estremamente difficile concepire una divinità che mediante il miracolo e la provvidenza interferisse con l'ordine naturale e la storia umana. L'uomo doveva accettare il fatto di essere l'unico responsabile del suo destino.
Dalla
Bibbia il discredito si trasferiva alla chiesa, che dalla Bibbia aveva
distillato dogmi: niente ormai più del dogma appariva estraneo ed irritante ad
una mentalità nutrita della convinzione che nessun aspetto della realtà dovesse
sottrarsi alle esigenze di intelligibilità e chiarezza della ragione.
Si
diffuse così nel Settecento, specialmente nelle categorie colte della società,
un atteggiamento critico nei riguardi del cristianesimo e della chiesa. Esso
non di rado assumeva l'aspetto di una aperta negazione polemica, acre e
schernevole, della dottrina cristiana e della funzione della chiesa, considerate
ormai come espressione di un mondo che doveva scomparire. Dove la cultura
illuministica si impose massicciamente, come in Francia, si giunse con la
Rivoluzione francese ad un vero e proprio tentativo di scristianizzazione della
società.
La
risposta delle chiese alla sfida dell'Illurriinismo fu estremamente debole.
Dove essa fu raccolta, la risposta si esaurì in una difesa dell'ortodossia
priva in genere di accenti nuovi e quindi di mordente. Nel mondo protestante,
in particolare, prevalse un atteggiamento di attenzione intellettuale, più che
di dialogo vero e proprio, che si risolse praticamente in un processo di
adattamento al clima che si era creato nel mondo della cultura.
Le
teologie che già furono la forza del protestantesimo, come il luteranesimo e il
calvinismo, vennero considerate una eredità non più accettabile di epoche
lontane dalla sobrietà della ragione. Così si giunse ad un tacito
accantonamento delle confessioni di fede e persino delle dottrine peculiari dei
grandi Riformatori. Nelle facoltà teologiche prevalse un insegnamento asettico,
da cui erano espunti quegli argomenti che potevano irritare il razionalismo di moda,
come la rivelazione, la grazia,i miracoli, la divinità di Cristo.
La
predicazione a sua volta aveva messo da parte i grandi temi
neotestamentari, come il peccato, il ravvedimento, la giustificazione per fede, la
croce di Cristo: i sermoni erano per lo più moraleggianti oppure esponevano nozioni di pratica utilità, piegandosi alla convinzione dominante che
la gente avesse bisogno soprattutto di istruzione.
La
controversia teologica era veduta come un deprecato ricordo del
passato e la nuova parola d'ordine era la tolleranza di tutte le opinioni.
Anche all'interno della chiesa si chiudeva un occhio
sulle deviazioni dottrinali anche più gravi, col pretesto che quel che conta è la pratica, mentre in realtà venivano tollerati anche i comportamenti che si
allontanavano dall'etica tradizionale.
Nella
vita della comunità non si andava oltre un culto piuttosto formale: non c'era
una formazione dei ragazzi, non si facevano studi biblici, l'attività missionaria era
molto scarsa, e per la clericalizzazione dei ministeri era ridotto pressoché a nulla il
coinvolgimento dei laici nella vita delle comunità locali. Sebbene fosse molto modesto l'impegno che si richiedeva ai fedeli, le attività della chiesa erano scarsamente seguite. Anche la pietà personale era scesa ad un livello molto basso.
Questo discorso vale soprattutto per le chiese costituite e protette dallo Stato, ma non bisogna credere che le chiese cosiddette libere
versassero in condizioni migliori. Alcune di esse nel Settecento rischiarono l'estinzione o scomparvero del tutto.
Del
resto anche il pietismo incideva in misura limitata sulla situazione delle chiese. Esso perseguiva i suoi obbiettivi attraverso le conventicole e sebbene non contestasse la chiesa di Stato era spesso oggetto
dell'ostilità delle autorità ecclesiastiche. Inoltre nella seconda metà del secolo XVIII esso aveva perduto molto della sua vitalità.
* * *
Non sarebbe esatto affermare che in questa crisi delle chiese si rispecchiasse la situazione che si era creata
alloro esterno, come se nel secolo dell'Illuminismo la società fosse diventata compattamente irreligiosa. Quella che si suol chiamare «l'età della Ragione» era ben
lungi dal presentarsi sotto un aspetto uniforme. Se è vero che il predominio di una cultura ha impresso i suoi
caratteri ad un'epoca, non è men vero che contemporaneamente si siano avute
correnti di pensiero e fenomeni spirituali che erano in netto contrasto con le
idee dominanti.
Difatti
è in piena epoca illuministica che si svolgono alcune non trascurabili fasi del
pietismo e si affermano i primi movimenti di risveglio del mondo anglosassone, come il «Great Awakening» nelle colonie inglesi d'America ed il metodismo in Inghilterra, mentre nel mondo cattolico si protraggono gli effetti del giansenismo.
Né
possiamo dimenticare che in questa stessa epoca si è avuta una ondata di
misticismo che ha interessato la maggior parte dei paesi d'Europa e ha dato
luogo ad una vasta e varia fioritura di fratellanze spirituali che di fatto
costituivano un'alternativa alle chiese ..
Il
fenomeno aveva avuto le sue prime manifestazioni nel mondo cattolico alla fine del
Seicento col quietismo di Miguel de Molinos (1640-1697) e le esperienze
mistiche di due donne, Madame Guyon (1648-1717) e Antoinette
Bourignon (1616-1680), che condannate da Roma non mancarono di
incontrare simpatie tra i protestanti.
Tra questi ultimi e sempre nel Seicento si ebbe in Olanda il fenomeno del labadismo, un movimento mistico originato dal pastore Jean de Labadie (1610-1674), francese e convertito dal cattolicesimo.
Tra questi ultimi e sempre nel Seicento si ebbe in Olanda il fenomeno del labadismo, un movimento mistico originato dal pastore Jean de Labadie (1610-1674), francese e convertito dal cattolicesimo.
Nello
stesso tempo in Inghilterra, in Olanda ed in Germania si aveva una rinascita
del misticismo di Jacob Boehme (1575-1624), da cui dovevano trarre ispirazione varie
sette e scuole di teosofia cristiana. Tra le sette ricordiamo quella dei
Filadelfi (« Philadelphian Society for the Advancement of Piety and Divine Philosophy»),
fondata a Londra nel 1652 da John Portage (1607-1681) e dopo
la morte di questi guidata da Jane Lead (1623-1704). Nel secolo
XVIII il misticismo ha una presa notevole nei paesi protestanti e merita attenzione per l'importanza delle personalità che lo rappresentano.
Un
mistico si deve considerare l'inglese William Law (1686-1761), ministro della Chiesa d'Inghilterra, autore di un'opera edificante di alto livello, A Serious Call to a Devout
and Holy Life (1728), che
esercitò al suo tempo ed anche in seguito una grande influenza.
Nella
prima metà del Settecento si affermava un altro grande mistico protestante, lo
svedese Emmanuel Swedenborg (1688-1772), le cui opere ebbero larga diffusione e
da cui trasse origine una società di discepoli tuttora operante. Un discepolo
di Swedenborg si deve considerare l'alsaziano Jean Frédéric Oberlin (1740-1826),
pastore a Ban-de-Ia-Roche, una sperduta e dimenticata parrocchia dei Vosgi che
egli riuscì a trasformare con le sue iniziative economiche e scolastiche.
Un
orientamento spiccatamente mistico caratterizza altre due notevoli figure del
protestantesimo di quest'epoca, il pastore zurighese Johann Caspar Lavater (1741-1801), scrittore ed innografo, ed il germanico Johann Heinrich
Jung-Stilling (1740-1817), quest'ultimo già da noi ricordato come esponente del
tardo pietismo tedesco.
Le
scuole teosofiche conobbero un momento di grande fortuna e attrassero anche
credenti sia cattolici sia protestanti, che vi trovavano la soddisfazione di
quelle esigenze di novità e di approfondimento speculativo che le chiese non
offrivano più.
Queste teosofie presentavano ai loro cultori delle sintesi di varie tradizioni filosofiche e religiose, in cui pitagorismo, neoplatonismo, cabala e dogmi cristiani interpretati in chiave di una sapienza esoterica si mescolavano con l'alchimia, l'astrologia e la teurgia. All'individuo era prospettata una conoscenza liberatrice delle forze interiori, tale da permettergli di inserirsi nel gioco delle forze spirituali che dominano il cosmo e presiedono all'evoluzione dell'umanità. In questo quadro la chiesa storica appariva costantemente come una componente di quel mondo arretrato ed angusto che quanto prima sarebbe scomparso. L'apertura progressi sta sul futuro, unitamente al bisogno di calarsi nei misteri dell'universo e dell'anima, ricollegava senza dubbio queste correnti di pensiero allo spirito dell'epoca.
Queste teosofie presentavano ai loro cultori delle sintesi di varie tradizioni filosofiche e religiose, in cui pitagorismo, neoplatonismo, cabala e dogmi cristiani interpretati in chiave di una sapienza esoterica si mescolavano con l'alchimia, l'astrologia e la teurgia. All'individuo era prospettata una conoscenza liberatrice delle forze interiori, tale da permettergli di inserirsi nel gioco delle forze spirituali che dominano il cosmo e presiedono all'evoluzione dell'umanità. In questo quadro la chiesa storica appariva costantemente come una componente di quel mondo arretrato ed angusto che quanto prima sarebbe scomparso. L'apertura progressi sta sul futuro, unitamente al bisogno di calarsi nei misteri dell'universo e dell'anima, ricollegava senza dubbio queste correnti di pensiero allo spirito dell'epoca.
Le idee
teosofiche trovarono degli strumenti di diffusione nelle logge di quella
massoneria mistica che, differenziandosi dalla massoneria inglese,
invase il continente nella seconda metà del Settecento. Poiché nella Loggia
alla dottrina si aggiungevano il rituale e la gerarchia dei carismi, veniva
offerta agli amanti di novità una seducente alternativa alla parrocchia e al
culto tradizionale della chiesa.
La
Germania fu certamente il paese che più fu contagiato da questa moda. Tra le varie società segrete affini alla massoneria mistica vi
primeggiavano i gruppi dei Rosacroce, il cui nome trae origine da un quasi mitico
fondatore vissuto nel secolo XV, Christian Rosencreuz.
Gruppi di Rosacroce sorsero anche in Russia, Polonia e Inghilterra.
Il
tardo pietismo non resistette al fascino delle grandi sintesi teosofiche. Abbiamo già accennato alla teologia di Friedrich Christoph Oetinger, che si
può definire una teosofia cristiana. Jung-Stilling e Lavater erano membri attivi di logge massoniche.
* * *
Alla
fine del secolo XVIII l'età dei Lumi era al suo tramonto. Già durante il suo decorso erano sorte delle correnti di pensiero che
avevano sottoposto a rigorosa critica il processo della conoscenza, riducendo
sempre più radicalmente la pretesa della ragione di poter tradurre ogni aspetto
della realtà nei propri schemi. La filosofia dell'empirismo era
giunta con David Hume (1711-1776) alla disintegrazione
scettica dei presupposti tradizionali del conoscere ed alla negazione della validità di concetti metafisici come la sostanza spirituale e Dio.
Con Immanuel Kant infine la ragione sottoponeva a critica se stessa e definiva i limiti e la natura della sua attività rappresentatrice, mentre con l'autonomia riconosciuta alle sfere della volontà e del sentimento si inaugurava un'altra stagione del pensiero filosofico. D'altra parte al primato della ragione era stato contrapposto con veemenza quello del sentimento da parte di uno dei grandi maestri del secolo, Jean-Jacques Rousseau, al quale si deve anche la sistematica contestazione dell'ottimismo illuministico.
Con Immanuel Kant infine la ragione sottoponeva a critica se stessa e definiva i limiti e la natura della sua attività rappresentatrice, mentre con l'autonomia riconosciuta alle sfere della volontà e del sentimento si inaugurava un'altra stagione del pensiero filosofico. D'altra parte al primato della ragione era stato contrapposto con veemenza quello del sentimento da parte di uno dei grandi maestri del secolo, Jean-Jacques Rousseau, al quale si deve anche la sistematica contestazione dell'ottimismo illuministico.
Il
secolo si chiudeva con la Rivoluzione francese, che col suo degenerare nel fanatismo e nella tirannide sembrava seppellire
ogni illusione di un mondo nuovo fondato sul raziocinio e la libertà. La parabola della ragione giungeva così al suo termine.
* * *
Una
seconda fase dei movimenti di risveglio del mondo protestante ebbe inizio
proprio negli anni in cui le guerre che seguirono alla Rivoluzione francese coinvolgevano il continente europeo dalla Spagna alla
Russia.
Gli
ideali e i programmi della Rivoluzione non avevano mancato, almeno in un primo
momento, di suscitare interesse anche in quegli ambienti religiosi in cui v'erano fermenti di rinnovamento ed una sensibilità per i problemi sociali, come era il caso dei
cosiddetti «evangelicals» della Gran
Bretagna. D'altra parte il movimento antischiavista inglese, capeggiato
dall'« evangelical» William Wilberforce, aveva trovato simpatizzanti ed
imitatori nei liberali francesi, come La Fayette, Mirabeau e Condorcet. Grazie a questi ammiratori, Wilberforce era stato nominato
«cittadino» dall' Assemblea Nazionale.
Ma nel
giro di pochi anni la situazione mutava radicalmente. Gli eccessi della
Rivoluzione ed ancor più le guerre d'invasione provocarono in tutta Europa una
profonda reazione, che assunse anche connotazioni religiose. Le guerre
napoleoniche in particolare suscitarono un'ondata di attese millenaristiche. Le
radici cristiane riaffioravano nella coscienza dei popoli. Gli sconvolgimenti
politici e sociali, veduti essenzialmente nel loro aspetto negativo, alimentavano
un senso di colpa che additava nella licenza dei costumi e nell'allontanamento dai princìpi del cristianesimo la causa profonda di quanto
stava avvenendo.
La
ripercussione dei grandi eventi storici si intrecciava, ed interagiva, con quei
nuovi orientamenti della cultura europea che avrebbero assunto ben presto il
carattere di romanticismo. In contrasto con le astrattezze della ragione
illuministica si faceva strada un'intuizione ben più profonda del valore della
storia e delle forze irrazionali che vi agiscono, come il sentimento e la
fantasia. La grande imputata del tribunale della ragione, la tradizione,
diventava ora la garante del patrimonio di cultura che i popoli accumulano e
trasmettono nel corso dei secoli.
La
rivalutazione della tradizione portava seco tra l'altro quella della religione
e delle sue forme storiche. I nemici della Rivoluzione e dell'impero
napoleonico combattevano anche nel nome della religione cristiana. I vincitori
di Napoleone ostentavano interessi religiosi e dal Congresso di Vienna, col
nuovo assetto politico e territoriale, uscì anche una «Santa Alleanza» delle
monarchie, che si faceva vanto, al di là delle differenze confessionali, di
una comune ispirazione cristiana. La formula del nuovo ordine era lo stretto
legame tra trono e altare, anche se in effetti la Restaurazione si limitò a
restituire alle chiese il prestigio sociale che avevano perduto nel Settecento.
Il potere era ormai definitivamente nelle mani
degli Stati.
degli Stati.
Sarebbe
tuttavia stolto negare che dietro questa massiccia strumentalizzazione della
religione non vi sia stata una autentica rinascita religiosa. Non deve farei velo il fatto che essa abbia giovato largamente alla causa della reazione e che molto spesso si sia nutrita di
un nostalgico ed equivoco culto della tradizione. Anche se il ritorno alla
religione fu in parte una moda dei tempi, è innegabile il fatto che il
cristianesimo tradizionale sia riuscito a suscitare ancora una fede genuina in credenti appartenenti a tutte le classi sociali e a permeare le lettere e le arti della prima metà dell'Ottocento.
La cultura del periodo romantico guarda difatti con rispetto ed interesse alla tradizione e sotto vari tende a riconciliarsi con la fede. L'importanza attribuita al sentimento nella vita dello spirito facilita questa
Iegittimazione dell'esperienza religiosa e conduce alla valorizzazione sia della sua espressione popolare che di quella individuale.
La grande beneficiaria di questo ritorno alla
tradizione ed alla religione dei padri fu la Chiesa cattolica, che più era stata bersaglio dei Lumi e della Rivoluzione. Per il forte carattere istituzionale e per il dogmatismo del suo magistero essa si trovava nella più vantaggiosa delle posizioni per andare incontro a quel bisogno di autorità e stabilità che era così diffuso nei primi
decenni del secolo XIX. Il sacerdozio, il rito, il sacramento, per l'alone di misteriosità e di magia che li circondava, potevano in
effetti suggestionare ed attrarre gli spiriti inclini al misticismo e sensibili al fascino dell'irrazionale.
Persino
il papato riacquistava la sua parte di lustro e prestigio, prima attraverso
l'esaltazione in chiave reazionaria che ne fecero scrittori come de Maistre e de Bonald, poi, man
mano che l'intesa tra il trono e l'altare si logorava, con l'affermarsi dell'oltre-montanismo.
* * *
Il
protestantesimo delle chiese costituite venne
largamente coinvolto nel clima di restaurazione politica e religiosa che abbiamo delineato, anche se non vi
ebbe la parte di punta che fu invece del cattolicesimo. Le chiese protestanti beneficiarono anch'esse del ritorno alla religione che
caratterizzò la prima metà del secolo XIX. Ma la rinascita religiosa che si ebbe nei
paesi della Riforma fu in gran parte un risultato dei movimenti di risveglio e questi, come vedremo, costituirono un fenomeno che andò largamente al di là dell'àmbito istituzionale delle chiese stabilite. Queste ultime tutta- via, più o meno indipendentemente dall'effervescenza contagiosa dei risvegli, non rimasero estranee al rinnovato interesse per la Bibbia che si diffuse in tutto il mondo protestante, e riuscirono anche a rivitalizzare la predicazione e a restituire prestigio alla
teologia.
Il
ritorno all'ortodossia tradizionale fu tutt'altro che una cosa pacifica e sollevò controversie talvolta infuocate, che tuttavia contribuirono a creare una consapevolezza critica della storia e delle peculiarità dottrinali delle singole chiese.
V'è da
chiedersi se i movimenti di risveglio che si ebbero nei paesi protestanti nella
prima metà dell'Ottocento altro non siano che un aspetto della più generale
rinascita religiosa che caratterizzò questo periodo.
Una
risposta positiva a questa domanda non renderebbe interamente giustizia ai
fatti se non fosse accompagnata da una riserva: quella che i primi movimenti di
risveglio cominciarono nella prima metà del Settecento e che vi è un rapporto
di continuità tra questi
e quelli che seguirono nell'Ottocento. Tra le due fasi di fatti non vi è soltanto una affinità di ispirazioni e motivazioni, ma anche una serie non trascurabile di mediazioni e di legami diretti.
e quelli che seguirono nell'Ottocento. Tra le due fasi di fatti non vi è soltanto una affinità di ispirazioni e motivazioni, ma anche una serie non trascurabile di mediazioni e di legami diretti.
Una
caratteristica dei risvegli è la loro durata limitata, mentre eccezionale è il
fatto che se ne abbiano diversi, simultanei o a breve distanza l'uno
dall'altro, come accadde nel mondo protestante specialmente nel primo
cinquantennio del secolo XIX. Anche questa particolarità contribuisce a rendere
inconfondibile il fenomeno e a dare unità al quadro d'assieme che esso
presenta. È legittimo difatti parlare
di un unico Risveglio.
C'è
stata un'età dei risvegli ed essa ebbe anche la sua fine, che coincide
abbastanza bene con quella della generale rinascita religiosa della prima metà
dell'Ottocento. Come questa vide un rapido tramonto nella seconda metà del
secolo, così nello stesso periodo i movimenti di risveglio protestanti
perdettero di vigore ed estensione, riducendosi per lo più a manifestazioni locali,
isolate e ripetitive, o altrimenti legate all'attività di
un predicatore d'eccezione.
Cominciava anche nella seconda metà dell'Ottocento quel processo di lenta
scristianizzazione dell'occidente che doveva protrarsi lungo tutto il corso del
secolo XX.
Se
dalla fine di questo secolo guardiamo in prospettiva ai movimenti di risveglio,
questi ci appaiono come uno dei momenti più importanti della storia del
cristianesimo, e nella storia del protestantesimo in particolare come la sua
più rilevante manifestazione di vitalità dai tempi della Riforma.
Nota bibliografica
S. LATOURETTE, A History of the Expansion of Christianity; III-IV, New York, 1939-1941; J. H. NICHOLS, A History of Christianity, 1650- 1950, 1956; G. R. CRAGO, The Church and the Age of Reason, 1648-1789, London, 1960; A. R. VIDLER, The Church in an Age of Revolution, London, 1961; É. G. LÉONARD, Histoire générale du protestantisme, III: Déclin et renouveau, Paris, 1964 (trad. it., voI. terzo, parte prima, Milano, 1971).
E.BEYREUTHER, Erweckung; in Religion in Geschichte und Gegenwart, II, 621-631;
S. SCHMIDT, Erweckungsbewegung e Erweckungstheologie, in Evangelisches Kirchenlexicon, I, 1135-1149; V. VINAY, Revival e Revivalismo, in Dizionario di scienze religiose, V, 324-329; U. GASTALDI, Alcuni caratteri dei movimenti di risveglio nel mondo protestante, «Studi ecumenici», 1987/1, pp. 75-100. L'opera fondamentale di Spener è stata tradotta in italiano: P. J. SPENER, Pia desideria. Il "manifesto" del pietismo tedesco (1675), a cura di R. Osculati, postfazione di Paolo Ricca, Torino, Claudiana, 1986.
S. LATOURETTE, A History of the Expansion of Christianity; III-IV, New York, 1939-1941; J. H. NICHOLS, A History of Christianity, 1650- 1950, 1956; G. R. CRAGO, The Church and the Age of Reason, 1648-1789, London, 1960; A. R. VIDLER, The Church in an Age of Revolution, London, 1961; É. G. LÉONARD, Histoire générale du protestantisme, III: Déclin et renouveau, Paris, 1964 (trad. it., voI. terzo, parte prima, Milano, 1971).
E.BEYREUTHER, Erweckung; in Religion in Geschichte und Gegenwart, II, 621-631;
S. SCHMIDT, Erweckungsbewegung e Erweckungstheologie, in Evangelisches Kirchenlexicon, I, 1135-1149; V. VINAY, Revival e Revivalismo, in Dizionario di scienze religiose, V, 324-329; U. GASTALDI, Alcuni caratteri dei movimenti di risveglio nel mondo protestante, «Studi ecumenici», 1987/1, pp. 75-100. L'opera fondamentale di Spener è stata tradotta in italiano: P. J. SPENER, Pia desideria. Il "manifesto" del pietismo tedesco (1675), a cura di R. Osculati, postfazione di Paolo Ricca, Torino, Claudiana, 1986.
---
Nessun commento:
Posta un commento