18.9.10

Esperienze e testimonianze cristiane: Niger "Tabita testimone cristiana"


TABITA DI ZINDER

Una forte e commuovente testimonianza cristiana

"Il Signore combatterà per voi e voi ve ne starete tranquilli" (Es.14:14).
Questo è il versetto della Bibbia su cui si basa Tabita, una donna che vive, da cristiana, la poligamia con un marito musulmano.

La storia incuriosisce non poco ed è per tale motivo che, con molta delicatezza, le ho chiesto un colloquio per capirne di più.

Lei, vestita con un abito elegante, il viso avvolto da un grande velo bianco, non è per niente imbarazzata e, con un francese aggraziato e colto, aiutato da gesti eleganti, mi racconta la storia della sua vita.

Il padre, cristiano libanese, si trasferisce per lavoro in Niger e vive tra Niamey e un piccolo villaggio vicino la città di Maradì. Lì conosce una bella ragazza della quale chiede la mano.
Come è tutt’ora usanza del posto offre una certa somma di denaro alla famiglia di lei e ben presto si sposa. Il paese è interamente musulmano e la tradizione del posto, come in tutto il Niger, predilige la poligamia e famiglie con parecchi figli. I musulmani possono avere fino a 4 mogli sempre che le condizioni economiche lo permettano e, a parte il Sultano di Zinder con 4 mogli e 32 figli, quasi tutti i capofamiglia hanno due mogli e parecchi figli. Una limitazione questa imposta più da ristrettezze economiche che dal buon senso. In Niger un uomo con due o tre figli soltanto non è considerato un “grande uomo”. Più figli si fanno più cresce il prestigio della famiglia e il padre di Tabita, uomo sensibile alla tradizione del posto e con il desiderio di integrarsi con la gente del luogo anche per motivi commerciali, non fa eccezione e prende in moglie una seconda ragazza.

Molti a questo punto storcerebbero il naso a sentire che un cristiano continua a esserlo da poligamo e sicuramente non sarebbero da biasimare; anche io, in altri momenti e nella “quiete” di una comunità cristiana, avrei additato con duro giudizio tale pratica, ma difficile a credere, calato in quell’ambiente e con la maturità di chi lascia ogni giudizio a Dio, mi è sembrato quasi scontato.

Il paese a maggioranza musulmana, le condizioni del posto, la mentalità, le tradizioni sono caratteristiche talmente differenti dalle nostre che invito i lettori ad astenersi da frettolose conclusioni.
Nonostante il reddito pro-capite sia basso, le famiglie nigerine ci tengono ad avere molti figli e ciò, con la poligamia musulmana è ovviamente accentuato. Ma al di là della religione, la tradizione impone comunque di far molti figli, anche tra le famiglie cristiane.
Fatto sta che da questa unione poligama nasce Tabita e nota di rilievo, Tabita nasce in una famiglia cristiana. Si, perché nel frattempo il padre aveva parlato di Gesù e del cristianesimo alle sue due mogli musulmane e queste avevano accettato con fede il Signore.
La famiglia è composta da 13 figli più tre genitori e i primi anni gli affari vanno bene. Tabita cresce, va a scuola e diventa una splendida fanciulla che tutti non possono fare a meno di ammirare.
Ma il lavoro, con cui il padre sostiene 16 bocche, ha un momento di crisi e la famiglia passa anni difficili e con continue esigenza di sostegno economico.
Ed è così che a questo punto della storia di Tabita compare un uomo di famiglia reale che lavora presso il ministero del tesoro, molto influente nel villaggio e in tutto il Niger. Pian piano si dimostra amico, stringe accordi commerciali con il padre di Tabita e comincia a concedere diverse somme di denaro.

In questo paese è difficile che qualcuno faccia qualcosa senza interesse personale e infatti, dopo poco tempo, il benefattore punta gli occhi su Irene, la sorella maggiore di Tabita. Chiede la mano al padre e lui il parere alla figlia. Irene fa notare che non può perché proprio in quei giorni sarebbe venuto un altro uomo a chiedere la sua mano.
E fu così che la storia si adagia su Tabita. Gli amici e i parenti evidenziano al pretendente che Irene è già grande di età (22 anni) e la sua scelta migliore, complice forse anche il padre, potrebbe essere la sorella minore, bella e di due anni più giovane.
Così l’uomo, musulmano, già sposato e con prole, punta gli occhi sul “fiore del deserto”, così Tabita è soprannominata dal padre, il quale riceve una grossa somma di denaro al momento della richiesta della mano della figlia, come di consueto da queste parti.

Tabita viene a sapere tutto l’intrigo a cose fatte e soprattutto a somma di denaro pagata, particolare, questo, per noi significante ma insignificante in Niger.
Si ribella, urla al padre: Parce que papà que tu as fait cela?
Il padre sa di dare un dolore al suo “fiore del deserto” ma non può indietreggiare davanti alla richiesta del pretendente sia per la somma ricevuta sia per ricambiare gli aiuti che in passato l’uomo ha offerto alla famiglia.
Risponde che la richiesta della mano non è il matrimonio e che potrebbe sempre ripensarci, l’uomo non Tabita. Si perché la cultura di questo paese stabilisce che la futura sposa non può decidere liberamente il suo fidanzato è sempre una richiesta che parte dall’uomo. E dato che il pretendente aveva già ricevuto un primo diniego, un secondo sarebbe stato deleterio non solo per Tabita ma pure per tutta la famiglia.

Tabita può solo confidare che il ricco uomo ci ripensi e perda la caparra.
Così non è; viene fissato il giorno del, diremo noi, fidanzamento. A Tabita viene comunicato lo stesso giorno e ancora una volta piange e si ribella al padre che come scusa ripete sempre che un fidanzamento non è il matrimonio.
Ma Tabita non sa che da lì a poco la sua vita sarebbe cambiata. Le donne la prendono , la lavano, la vestono, sulle braccia, mani, piedi e gambe le disegnano con l’hennè i fregi del matrimonio.
Cominciano a venire gli invitati e invece di pochi intimi per il fidanzamento, il futuro marito di Tabita invita di proposito tutto il villaggio, compreso il sindaco e il Sarkì, il sultano della zona.
Oramai Tabita è incastrata, non può rifiutarsi di sposare l’uomo di famiglia reale, il benefattore della sua famiglia. Sarebbe un grave affronto a lui, a suo padre, al Sarki, al sindaco e a tutto il villaggio; lei e la sua famiglia dovrebbero andare via dal paese.

Si sposa e il giorno dopo il marito la lascia per 13 mesi costretto da impegni di lavoro. Al ritorno si “interessa” di lei e comincia a farle fare figli.
Tabita è triste, vorrebbe scappare, ma non esiste la fuga per una donna d’africa. Comincia a studiare, ma non è il marito che finanzia gli studi ma il vecchio padre. Prende il diploma di infermiera e comincia a lavorare privatamente.
Ben presto Tabita partorisce 6 figli, il più piccolo adesso ha 4 anni e il più grande 17.
Tabita, la donna che non nasconde i suoi occhi lucidi mentre mi parla, adesso ha 38 anni, vive a Zinder, il marito non è più un uomo influente e prende solo una misera pensione di 250.000 CFA ogni tre mesi, circa 350 euro. Grazie al lavoro di infermiera che Tabita svolge nel dispensario di Kara Kara e al lavoro della prima moglie la famiglia va avanti. E aggiungo io grazie alla Malam Mourna che sostiene 4 dei suoi 6 figli.

Non posso fare a meno di incuriosirmi e con delicatezza domando come vive da cristiana in una famiglia poligama e musulmana.
E’ tranquilla perché sa che non è sola il Signore è al suo fianco a combattere la sua battaglia e cita il verso in Esoso 14:14.
Lei mi risponde che la poligamia è una follia e oltre ai problemi economici dovuti alle numerose bocche da sfamare, vi sono continui conflitti familiari dovute a gelosie e favoritismi, ma soprattutto vi sono, come ovvio, visioni di educazione religiosa dei figli molto differente.
Il marito, sostenuto dalla prima moglie musulmana, impone che tutti i sui figli, anche quelli di Tabita, vadano alla moschea. Tabita sa bene che una azione di forza susciterebbe una ferma opposizione dell’uomo e quindi procede sempre con molta delicatezza.
La mattina della domenica cerca di essere gentile con il marito e poi chiede se per favore può lasciare che i figli più piccoli possano accompagnarla al culto. Oppure invita i più piccoli ad andare dal padre a chiedergli se possono andare con la madre.

Qui in Niger non ci sono scontri all’insegna della religione come si sente in Nigeria, Sudan o altri paesi. Molti sono i matrimoni misti dovuti alla tradizione, alla cultura del posto e le famiglie che ricevono una richiesta di matrimonio della propria figlia badano più al danaro che entrerà che all’appartenenza religiosa. Più che opportunismo è fame.
Il salario minimo è di 30.000 CFA equivalente a circa 45 euro al mese se si ha un lavoro; pochi sono quelli che hanno un reddito soddisfacente che da queste parti significa circa 250.000 CFA. La maggior parte delle famiglie vive di aiuti, di carità, di espedienti, di vendite di frittelle all’angolo della strada.
Una figlia chiesta in sposa significano entrate per tutta la famiglia e mantenimento per un lungo periodo di sussistenza e quindi sarebbe stupido badare alla religione. La ragazza d’altronde non ha nessun potere decisionale e si adegua alle circostanze.
Tabita è consapevole della sua esistenza e resta tranquilla, non inerme, ma tranquilla.
Ha in progetto di prendersi un altro diploma per insegnare alla scuola di infermiera, far studiare i suoi figli, educarli all’amore di Gesù piuttosto che metterli contro il padre.

In fondo, mi ricorda, c’è chi sta combattendo per lei.

Salvo Di Cristofalo
Comunità Cristiana, Palermo

m - Experiences and Testimonials: Niger "Tabita test

Nessun commento: