11.5.08

La Chiesa III

III

LA CHIESA
L'alternativa Cristiana
Essere al servizio del genere umano
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.La vita da discepoli :
essere conformi all'immagine di Gesù
"Quelli che egli ha preconosciuti li ha anche predestinati a divenire conformi all’immagine del suo Figlio, affinché egli sia il primogenito di molti fratelli”. (Romani, 8:29)
La grande promessa fatta a coloro che sono stati raggiunti dalla chiamata di Gesù Cristo, dice che essi saranno uguali a Cristo. Essi porteranno la sua immagine quali fratelli del primogenito figlio di Dio. Il destino del discepolo è di essere “come Gesù”. L’immagine di Gesù Cristo che il discepolo ha sempre davanti a se, penetra in lui, lo riempie, lo forma di nuovo, cosicché il discepolo diventi simile, anzi uguale al Maestro.

Nella semplicità di vita

“Non accumulatevi tesori sulla terra, dove il tarlo e la ruggine logorano e i ladri scassinano e rubano. Accumulate invece i tesori nel cielo, dove né il tarlo né la ruggine logorano e i ladri non scassinano né rubano. Infatti dov’è il tuo tesoro, ivi è pure il tuo cuore”. (Matteo, 6: 19-21)

La vita del discepolo si concretizza nel fatto che nulla deve frapporsi fra Gesù e lui. La preoccupazione per i beni del mondo cerca di distrarre il cuore del discepolo ma la comunione con Gesù e l’obbedienza ai suoi comandamenti vengono prima. I beni sono dati per essere usati in vista del Regno di Dio, non per porre in essi le nostre speranze e le nostre certezze. Il comportamento del discepolo, nell’onestà e semplicità di vita, deve testimoniare, attraverso il distaccato atteggiamento nei confronti dei beni, che ogni fiducia è posta nel suo unico tesoro: Gesù stesso. Per questo i discepoli sono invitati a prendere esempio dai fanciulli e a chiamare Dio abbà, vale a dire papà.
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Nella rinuncia al potere

" In quel momento, i discepoli si avvicinarono a Gesù, dicendo: «Chi è dunque il più grande nel regno dei cieli?» Ed egli, chiamato a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità vi dico: se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Chi pertanto si farà piccolo come questo bambino, sarà lui il più grande nel regno dei cieli.» " (Matteo, 18: 1-4)

Secondo la mentalità del mondo, la più grande autorità o il più grande potere rende, chi li possiede, la figura più grande nella società. Ma la risposta di Gesù alla domanda su chi è il più grande nel Regno dei Cieli, è data attraverso l’esempio di un fanciullo. E ciò perché il fanciullo è considerato un essere indifeso e dipendente, senza alcun potere. Nel suo Regno è solo Dio che ha il supremo potere o autorità. La vicinanza a Dio, e perciò la grandezza nel Regno, dipende dal grado con il quale i discepoli si sottomettono a Dio, dandogli il primo posto nella loro vita. Quando Dio domina la vita di una persona, allora questa è grande nel Regno di Dio. Il discepolo di Gesù rinuncia o fugge da ogni potere od onore per testimoniare che il sistema dei valori della società è capovolto rispetto al Regno di Dio: agli occhi di Gesù nessun potere può rendere grande una persona se non proprio la sua mancanza di potere.

Nel rifiuto di ogni violenza

“Avete inteso che fu detto: occhio per occhio e dente per dente ma io vi dico di non opporvi al malvagio, anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra e a chi vuol contendere con te e prendere la tua tunica, lascia anche il mantello… Avete anche inteso che fu detto: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico, ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per coloro che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro celeste, perchè egli fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”. (Matteo 5: 38-46)

Per nessun motivo ed in nessuna situazione, né per offesa né per difesa, il discepolo può esercitare violenza o spargere sangue. Ogni discepolo è membro del Corpo di Gesù Cristo: come il Maestro ha dato la vita per la salvezza anche dei malvagi, così il discepolo, come testimonianza (Colossesi 1:24), deve essere pronto a dare la propria, esercitando la non resistenza anche di fronte alla violenza e alla guerra. Qualsiasi violenza morale o fisica separa, infatti, da Cristo poiché rinnega il precetto, che riassume ogni comandamento, amare il prossimo come noi stessi ed essere misericordiosi come lo è nostro Padre. L’insegnamento di Gesù rende chiaro anche il rapporto che deve sussistere tra il discepolo ed il mondo sulla base del fondamentale concetto espresso dall’annuncio evangelico: essi sono nel mondo ma non sono del mondo (Gv, 17:11-16). I discepoli di Gesù appartengono, infatti, al Regno di Dio e non ai regni di questo mondo. L’obbedienza alle legittime autorità del mondo non può quindi impedire ai discepoli di dare la testimonianza d’amore richiesta dalla nuova nascita e dall’essere in Cristo.

Nella sincerità'

“Ma io vi dico di non giurare affatto…sia invece il vostro parlare: sì sì, no no. Il di più viene dallo spirito del male”. (Matteo 5: 34-37)

Il comandamento di parlare con verità e semplicità è un aspetto della totalità dell’impegno del discepolo a seguire Gesù. Chi segue Gesù non ha nulla da nascondere al suo Signore e agli uomini. Il rifiuto di prestare giuramento non è semplicemente obbedire alla lettera ad un comandamento. Esso deve testimoniare l’integrità spirituale del discepolo: non solo si deve dire la verità, ma si deve vivere nella verità. Le membra del Corpo di Cristo sulla terra devono essere persone le cui parole corrispondono assolutamente alle azioni. Nel nostro tempo evitare di prestare giuramento significa anche dare una profonda testimonianza di due realtà distinte: il “mondo” ed il “Regno di Dio”. Le autorità del mondo non possono pretendere di vincolare una persona a Dio perché prometta o attesti d’essere sincero. Ciò significa la pretesa di voler dominare il Regno di Dio.

Nel servizio al genere umano

“E Gesù andava per le città e le borgate, insegnando nelle sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia ed infermità”. ( Matteo 9: 35)

Come il Maestro così i discepoli. Non vi può essere alcun dubbio sul mandato che i discepoli ricevono dal comportamento di Gesù nei confronti del genere umano: annunciare il Vangelo (l’amore del Padre) e liberare ogni persona dalla malattia, dalla povertà, dall’ingiustizia come segno della riconciliazione con Dio. Il mandato è unico e non si può separare. Non vi è annuncio della Parola di Dio senza un contestuale concreto impegno nell’affrontare il bisogno dell’uomo. Sono aspetti inseparabili di un’unica realtà.

“Da questo abbiamo conosciuto l’amore: egli ha dato la sua vita per noi, e noi dobbiamo dare le nostre vite per i fratelli. Se qualcuno ha dei beni del mondo e vede suo fratello che ha bisogno e gli chiude il proprio cuore, come può dimorare in lui l’amore di Dio? Figlioli non amiamo a parole né con discorsi, ma con i fatti e in verità”. (Giovanni 3: 16-17)

L’amore è la testimonianza che il nostro Dio è un Padre (Papà) misericordioso.
L’amore è l’anticipazione del Regno di Dio che è stato preparato per coloro che Egli ha creato e che ha reso suoi figli in Gesù.
Senza l’amore non vi può essere annuncio né invito ad accogliere la Parola di Dio.

Non vi è pagina più chiara nel Nuovo Testamento di quella in cui Gesù parla del Giudizio Finale:
“Venite benedetti dal Padre mio, possedete il Regno preparato per voi dalla fondazione del mondo, perché ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi deste da bere, fui forestiero e mi accoglieste, fui ignudo e mi vestiste, fui malato e mi visitaste, fui in prigione e veniste da me. Allora i giusti gli risponderanno: Signore quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, egli dirà loro: “In verità vi dico, ogni volta che avete fatto queste cose a una solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. (Matteo 25: 34-40)

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