II
LA CHIESA
Una Comunità ordinata
Per il discepolo di Gesù essere parte di una Comunità non rappresenta una scelta ma la necessaria conseguenza del proprio battesimo. Essa attesta la consapevolezza che l’azione di Gesù di Nazareth non si è estinta con la sua morte (Ef. 4:11-16).
Accettare il dono della salvezza offertaci da Dio rappresenta una decisione individuale ma essa viene ottenuta da quell’unico sangue che il Signore Gesù ha sparso per tutti gli uomini. Esso unisce tutti i rigenerati facendone un solo Corpo in Lui (1Cor. 12:13).
Attraverso la loro nuova vita e l’amore reciproco, i discepoli, praticando l’amore concreto e incondizionato verso ogni essere umano, diventano vera testimonianza dell’efficacia della Sua morte e risurrezione. In altre parole la Comunità, nella quale è presente Gesù per opera dello Spirito, con la sua santificazione e fedeltà alla Parola, annuncia e rende concreto, rendendola visibile nel proprio tempo di fronte al genere umano, l’opera di salvezza di Gesù Cristo.
La Comunità, per effetto della presenza di Gesù, realizza tre aspetti della vita del discepolo:
• Separazione dal peccato del mondo • Santificazione
• Vita nel mondo come testimonianza del Vangelo
SEPARAZIONE DAL PECCATO DEL MONDO
“Il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con Lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è ormai libero dal peccato”. (Romani, 6-7 )
Con il battesimo siamo morti e risorti in Cristo, abbiamo rotto definitivamente con il peccato. Siamo nuove creature che, strappate da questo mondo perverso (Gal. 1; 4), diventano la testimonianza dell’annuncio salvifico di Gesù e del Regno di Dio.
SANTIFICAZIONE
“Non identificatevi con la mentalità di questo mondo ma trasformatevi mediante il rinnovamento della mente…” (Romani, 12:2)
La santificazione della Comunità, affinché diventi viva testimonianza dell’amore del Padre verso il genere umano operata per mezzo di Gesù, richiede un serio impegno per coloro che sono nati a vita nuova (2Cor.7:1; 1Tess.4: 3; Ef. 4: 20-31).
Nella Comunità c’incamminiamo nell’esperienza di una nuova vita che richiede una revisione continua dei nostri rapporti e atteggiamenti con le persone e le cose, al fine di non essere assorbiti dalla mentalità e dallo stile di vita del mondo.
Nella Comunità lo Spirito, direttamente o per mezzo dei fratelli e delle sorelle, opera questa progressiva trasformazione separandoci dalla mentalità e dalle opere del mondo, per consentirci la ricerca e l’obbedienza alla volontà di Dio.
Lo Spirito Santo, la riunione dei discepoli e i suoi doni
Molti pensano che solo in particolari giorni sia doveroso radunarsi per onorare, ringraziare e adorare Dio. E’ un atteggiamento che si può definire riduttivo e legalistico. Non dobbiamo ingannarci, ma essere consapevoli che l’iniziativa è sempre di Dio. E’ lo Spirito che chiama e raduna, come e quando vuole, i discepoli per rendere presente in mezzo a loro il Cristo vivente. La Comunità deve sempre essere in ascolto e attenta alla chiamata, perchè solo nella riunione dei discepoli operata dallo Spirito, si è certi della presenza consolante di Gesù risorto.
“Poiché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro”. (Matteo 18:20)
Egli ammaestra e fa conoscere ai discepoli la volontà del Padre, affinché possano crescere nell’obbedienza della fede e li innalza, in quanto membra del suo corpo, al Padre. La riunione dei discepoli è un momento di crescita e di santificazione alla scuola di Gesù risorto. Per questo lo Spirito opera e fa sorgere, in qualsiasi momento ritiene opportuno, doni diversi utili alla loro consolazione, all’edificazione del Corpo di Cristo e all’annuncio del Vangelo. Sono doni che solo il discernimento della Comunità riconosce e conferma, perché frutto del medesimo Spirito (Atti, 13: 1-3). Ogni iniziativa di Dio richiede una risposta che, nella riunione dei discepoli, è quella di rendere grazie al Padre ricercando la sua volontà e rinnovando l’impegno con Lui assunto al momento del battesimo.
La correzione fraterna
L’amore che proviene da Dio, manifestatosi in Gesù, obbliga a prendersi carico del proprio fratello e della propria sorella affinché la Comunità sia e dimostri di essere il “Corpo di Cristo”, puro e santo, che possa esercitare la missione ricevuta. Solo in quest’ottica si può comprendere ciò che può definirsi come “disciplina della Chiesa-Comunità”. La pratica di battezzare pubblicamente è importante perché significa che i nuovi credenti si legano alla disciplina della Chiesa-Comunità. Una delle indicazioni bibliche sulla disciplina della Comunità si trova in Matteo (Mt. 18:5-22.) Questi versetti forniscono un quadro biblico adeguato all’ordinata esistenza di una vera Chiesa-Comunità.
“Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato alla comunità il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all’assemblea; se non ascolterà neppure l’assemblea, sia considerato come un gentile o un pubblicano”. ( Matteo, 18: 15-17)
Questo passo biblico evidenzia l’importanza fondamentale che riveste per la Comunità l’esercizio della correzione fraterna. Essa è finalizzata a liberare i fratelli e le sorelle erranti dal peccato e per restituirli ad un giusto rapporto con Dio e con la fratellanza della Comunità. La pratica della disciplina consente la credibilità della testimonianza della Comunità Cristiana nel mondo.
La confessione e l’assoluzione, o esclusione, deve essere quindi intesa come un servizio d’amore nell’aiuto fraterno e nell’incoraggiamento a continuare insieme il camino nella risurrezione in Cristo. Considerare un fratello come “un gentile o un pubblicano” non significa affatto che deve essere evitato ma che deve essere oggetto di ricerca e preoccupazione. Questo è quanto ci insegna l’imitazione di Gesù che era così preso dalla ricerca dei pubblicani e dei peccatori da essere accusato di coltivare la loro amicizia (cfr. Matteo, 11:9).
La Comunità con la correzione fraterna è ben lungi dall’aver chiuso con i fratelli e le sorelle per i quali ha dovuto esercitare la funzione di interpretare la volontà di Dio. Essi diventano oggetto d’amore e di perdono a testimonianza che il Padre, manifestatoci da Gesù, è Padre misericordioso e paziente: non secondo i limitati criteri umani ma dello Spirito. Per interpretare correttamente Matteo 18:15-17, bisogna collegarlo a Matteo 18:21-22, prendersi cura del proprio fratello e perdonare indefinitamente è una ricchezza cristiana più grande del potere di scomunicare.
La libertà in Cristo del discepolo e la disciplina nella Chiesa.
Il discepolo che è risorto a nuova vita è nella libertà in Cristo e non è più soggetto alla legge. Cristo è il fine della legge per la giustizia di ogni credente (Romani, 10: 4) e ai suoi discepoli non ha dato altro comandamento che quello dell’amore. Dove vi sono uomini che comandano o proibiscono non può regnare la grazia dello Spirito Santo.
L’esercizio della correzione fraterna o disciplina da parte della Comunità, è un momento estremamente impegnativo. E' la Comunità che per prima deve esaminare se stessa per verificare se il suo comportamento e la sua mentalità sono conformi a quella del Cristo. La Comunità è sempre in cammino ed in tensione per seguire Gesù. Essa non può adagiarsi ma deve essere estremamente attenta a non soffocare lo Spirito interpretando per peccato ciò che invece è richiamo profetico ad abbandonare atteggiamenti e certezze umane. In altre parole, nella correzione fraterna, la Comunità deve sempre tener conto della libertà in Cristo del discepolo. Essa deve intervenire non in merito a particolari atteggiamenti, sensibilità od opinioni, anche religiose, che possono apparire non condivisibili - come ben evidenzia Paolo in Romani 14 - ma solo quando il discepolo dimostra concretamente di non adempiere il “comandamento dell’amore” nei confronti dei fratelli, delle sorelle o del prossimo. Altrimenti la Comunità:
“…vede il peccato là dove non c’è, ha imposto leggi, comandamenti o divieti che sono contro il Signore Gesù Cristo e l’autorità e la direzione del suo Spirito, perché non è stato dato altro comandamento ai suoi che l’amore”. (Pilgram Marpeck)
La necessità della santificazione esprime che come Cristo fu Puro e Santo così le sue membra, che formano la Comunità, devono essere pure e sante.Solo attraverso la propria santificazione, la Comunità, anticipando il Regno di Dio, adempie al mandato e al dovere d’essere testimonianza e annuncio del Vangelo al genere umano. I discepoli che trasformano il messaggio di Cristo in esperienza di fede vissuta, realizzano l’anticipazione del Regno di Dio nel proprio tempo.
VITA NEL MONDO COME TESTIMONIANZA DEL VANGELO
“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate vicendevolmente; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13:34-35)
“Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo…” (Giovanni 17: 17)
Una Comunità aperta…Una Comunità che vive in Cristo e realizza l’amore reciproco, diventa una Comunità missionaria. Il suo comportamento morale non conformista, la rende estremamente visibile. Una Comunità che in contrasto con la mentalità del mondo si prende carico concretamente non solo delle necessità d’ogni suo membro ma di quelle di qualsiasi altra persona che vede nel bisogno, ama i suoi nemici (e i suoi amici), dice la verità, rinuncia ad ogni potere e onore e si comporta conformemente al messaggio che annuncia, comunica al mondo il segno della riconciliazione e dell’amore di Dio e anticipa la realizzazione del suo Regno. Le forme di obbedienza concreta che si manifestano nei vari aspetti della vita della Comunità, saranno per se stesse un poderoso - talvolta estremamente poderoso - messaggio missionario. E’ questa la visibilità missionaria di cui Gesù parlava.
“Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce…così risplenda la vostra luce davanti agli uomini perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre” (Matteo 5:14-16 )
Una Comunità aperta…
Vivere in Cristo nell’amore reciproco, consapevoli di essere un unico Corpo nel quale ognuno è membro dell’altro, anticipa la realizzazione del Regno di Dio nel nostro tempo. Questo Regno è offerto da Gesù a tutto il genere umano. Fare la volontà di Dio ed essere discepolo di Cristo vuol dire amare e vivere per gli altri. Per tale motivo una Comunità chiusa in se stessa, soddisfatta di se stessa, che ignora chi non vi fa parte o li disprezza e li evita, non è più la Comunità dei discepoli di Gesù.
“Non giudicate affinché non siate giudicati, poiché secondo il giudizio con cui giudicate sarete giudicati e con la misura con la quale misurerete sarete misurati” (Matteo, 7:1)
Giudicando ci poniamo di fronte al prossimo con un distaccato atteggiamento di superiorità e discriminazione. L’amore non lascia luogo e tempo per quest’atteggiamento. Il prossimo, per chi ama, non può essere oggetto di esame o di giudizio ma, in ogni momento, ha un reale diritto al mio amore, al mio servizio, al mio sacrificio. L’amore di Cristo per il peccatore costituisce la condanna del peccato anzi è l’espressione più profonda dell’odio per il peccato. Per questo motivo l’amore incondizionato e concreto, senza alcuna discriminazione, nel quale i discepoli di Gesù devono vivere nel mondo seguendo il Maestro, opera, in modo assoluto, la condanna più radicale del male.
…per poter annunciare la Salvezza
La Comunità dei discepoli, nella nuova nascita e nell’obbedienza di fede, raggiunge lo scopo affidatogli da Gesù: essere il Suo Corpo che prosegue nel tempo presente, l’opera di salvezza.
Una Comunità rende concreto in modo credibile l’invito ad entrare nel Regno di Dio solo attraverso l’amore che le è stato insegnato dal Maestro e che vive in essa, per potersi espandere, incondizionatamente, a tutto il genere umano:
“Ma io vi dico: amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra, a chi ti leva il mantello non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede e a chi prende del tuo non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate solo coloro che vi amano, qual'è il vostro merito? Anche i peccatori amano coloro che li amano. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, qual’è il vostro merito? Anche i peccatori fanno lo stesso…Siate dunque misericordiosi com'è misericordioso il Padre vostro”. (Luca, 6: 27-36)
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